giovedì 19 giugno 2008

Il 25 Maggio del "sole" e dei "colori"

Un nuovo intermezzo visivo... Lago Laceno il 25 Maggio 2008. Erano le 15.00 del pomeriggio quando decisi di recarmi per scattare foto particolari e con una luce del tutto diversa dal solito. La giornata era perfetta e sia il Lago che l'Altopiano mi hanno regalato scatti meravigliosi.

sabato 7 giugno 2008

31 Gennaio 2006... sugli sci!

La mattina del 30 Gennaio 2006 iniziò con l'assemblea d'istituto. Era l'anno dell'esame di stato, ero in quinto liceo e cosi dopo l'appello come da prassi mi recai in una classe prima per controllare l'ordine mentre i rappresentanti discutevano (si fa per dire) sui punti all'ordine del giorno. La giornata era uggiosa, non pioveva e non faceva freddo, la classica giornata invernale "insipida" la quale senza uno scossone sarebbe diventata una noia mortale. Con alcuni ragazzi il giorno prima avevamo in programma una sciata al Lago Laceno, non sapevamo se le piste fossero aperte (non avevamo chiamato nessuno) e neanche se ci fosse neve (all'avvenutra) , ma comunque ognuno di noi nello zaino al posto dei libri portò la tuta, i doposci e la maglietta di ricambio. Per me era la prima volta, non volevo comprare l'attrezzatura ovviamente e cosi mi feci prestare dallo zio il pantalone da sci e la maglietta termica, i doposci li avevo gia comprati. Dopo l'assemblea, all'uscita alle 10.20 l'appuntamento era nel piazzale delle poste a Montecorvino Rovella con Carmine e Sergio (fratelli), Eduardo e Donato. Tutti eravamo già pronti tranne i due fratelli che scesero di nuovo a Macchia per prendere l'attrezzatura e salire a Rovella. Partimmo alle 11.15 ed arrivamo al lago alle 12.00, la neve c'era, le nuvole erano basse e sembrava tutto deserto. Ci recammo agli impianti di risalita e temevamo fossero chiusi ma "fortuna" volle che le seggiovie erano in funzione e le piste erano aperte.Parcheggiammo l'auto e ci recammo in un piccolo rifugio dove c'era un anziano signore che affittava sci e scarponi, il camino acceso ci accolse con il suo crepitito e noi dopo aver lasciato un domcumento e dopo aver preso le attrezzature necessarie ci recammo alla seggiovia. Ricordo perfettamente l'emozione di sedermi su quel seggilino e sentire l'addetto urlare "alzate i pidi mo che parte", ed infatti non avevo ancora sperimentato che quando c'è neve la distanza tra terra e i piedi si accorcia notevolmente. Salimmo per primi io e Sergio e facemmo sosta all'intermedio con Donato, mentre Carmine ed Eduardo si recarono direttamente in cima sicuri delle loro capacità da discesisti. All'intermedio non avevo ancora gli sci ai piedi, li avevo fatti portare in seggivia da un addeto che a sua volta me li aveva appoggiati su un cancelleto in legno verso il campo scuola. L'impatto è stato tragico, non riuscivo ad incastrare gli scarponi agli sci e per arrivare alla manovia si doveva percorrere una piccola ma ripida discesa. Sergio mi incitava a crederci ma io presi gli sci in spalla e mi recai alla manovia a piedi dove cominciò di nuovo lo "spettacolo" pietoso di prima. Finalmente riuscii ad incollare quelle "tavole" agli scarponi e dopo aver inserito lo ski pass nell'apposita macchinetta ed aver superato con una spinta la maniglia scorrevole, mi aggrappai alla manovia ignaro completamente di come si potesse usare. Scivolai subito, le gambe si allargarono, non caddi, mi riaggrappai alla maniglia, scivolai di nuovo e mi aggrappai alla corda e cosi finalmente tra risate e sudate giunsi alla vetta di quei 50 metri interminabili. Davanti a me una discesa che mi sembrava ripidissima e impraticabile ed era la più piccola e la più facile. In un primo momento decisi di rinunciare, poi spinto anche da Sergio mi buttai e dopo circa cinque metri presi una deviazione strana schiantandomi contro un "muretto" di neve sulla mia destra. Subito capii che quella giornata non sarebbe stata una passeggiata e mentre penzolavo incastrato con uno sci nella neve e una gamba senza sci rotolato lontano, pensavo a come fosse stato facile farsi solo una passeggiata e scattare qualche foto.Però, sinceramente,non mollai e provai a più non posso quel campo scuola cadendo tantissime volte e rimpiangendo il liceo della mattina. Dopo circa un'ora di campo scuola, preoccupati anche dal fatto che Carmine ed Eduardo non ci avessero ancora raggiunti decidiamo di recarci in vetta, questa volta con gli sci ai piedi. Prendiamo la seggiovia e a quota 1700 per scendere e fermarmi occorre solo un ruzzolone nella rete di protezione tra lo sguardo divertito e incredulo di sciatori "professionisti". Mi rimetto in piedi subito e appena girai lo sguardo sulla sinistra notai Carmine ed Eduardo a terra che nel giro di un'ora e mezza non erano riusciti a percorrere neanche dieci metri. Per Eduardo come per me era la prima volta e Carmine tentava inutilmente di "convincere" Eddy a mantenersi in piedi, un'impresa altamente complicata!! Dall'alto della "mia esperienza" mi recai verso di loro, li sorpassai ma per mia sfortuna in fondo al primo rettilineo c'era una dannata curva e cosi per frenare usai il solito metodo della caduta. Nel frattempo Sergio mi aveva seguito e per rialzarci sulla pista facemmo degli spettacoli allucinanti, abbracciati al centro della discesa, intrecciati a cercare l'equilibrio giusto e in permanente precarietà. Fortunatamente dopo la prima discesa durata addirittura un'ora e dopo esserci resi ridicoli agli occhi di bambini che scendevano senza bastoncini e ci guardavano con aria di superiorità, le gambe inziarono a capire i movimenti (dopo tanto!!) e iniziai a divertirmi anche io. Sicuramente la cosa più divertente era passare il povero Eduardo che nel frattempo rimaneva fisso nello stesso posto, finchè verso le 15.45 decise di proseguire a piedi per la pista, ed era davvero uno spettacolo vederlo dalla seggiovia come uno yeti barcollare lungo i 3 km che conducevano all'intermedio.
La giornata volgeva al termine, il buio dietro i monti stava per avanzare e decisi di rientrare al campo scuola dato che ormai avevo lasciato la compagnia per dedicarmi in solitaria alla discesa. Mentre arrivai al campo ricevetti anche le "bestemmie" di Eduardo che sfinito chiedeva aiuto affinchè qualcuno gli portasse gli sci per qualche metro. Eravamo tutti stanchi ma divertiti (tranne uno) e quella discesa in seggiovia con la neve e con la visione del lago quasi al tramonto rimase impressa negli occhi di tutti noi per molto tempo, ancora oggi riesco a ricordare ogni singolo metro e ogni parola che ci dicevamo in quella "lunga" discesa che ci condusse finalmente alla nostra auto pronta per il ritorno a casa. Durante il viaggio di ritorno Carmine guidava e raccontava le sue imprese sciistiche, Eduardo imprecava, Donato se n'era tornato ad Acerno ed io e Sergio a conclusione di una splendida avventura, in barba "a quei due" che parlavano e "consumavano ossigeno", ci stendemmo lungo i seggiolini posteriori uno con i piedi verso lo sportello destro e l'altro verso il sinistro e cosi dormimmo fino al ritorno.

domenica 25 maggio 2008

La mia vita sul Lago

Un video emozionante per me legato a tanti ricordi e a tantissime giornate passate sull'altopiano. Tutte le foto e i video sono prese dai miei archivi fotografici.

venerdì 16 maggio 2008

La prima volta con la neve :inverno 2005-2006(da un vecchio appunto)

Dopo giorni passati a casa decisi di salire ad Acerno...non avevo la patente, ne altri amici erano ancora patentati,l'unico mezzo di trasporto rimaneva sempre e solo l'autobus! La sera chiamai il mio amico Gianni e gli proposi questo giro ad Acerno,così all'avventura; al paese c'era pochissima neve (avevo telefonato i ragazzi di Acerno che mi avevano poi invitato a pranzo). Giannino, non aveva mai visto la neve e cosi subito fu preso dall'idea di salire con me! Il giorno dopo, sveglia alle 6.30 per arrivare alle 7.10 davanti alla fermata per salire prima a Montecorvino Rovella e poi prendere la coincidenza delle 8.25 per Acerno. C'era il sole, ma l'aria era fredda, tirava sempre il solito venticello di gracale, a Bellizzi congelavamo, a Rovella le mani non le sentivamo e finalmente arrivò il pulman...il viaggio fino ad Acerno passò tranquiilametne, osservando dal vetro la Piana del Sele che si allontanava pian piano, fino a scomparire dietro le prime curve che si inerpicano a 500 metri d'altezza tra i Picentini...neve neanche l'ombra fino al tratto di montagna esposto al mare, ma appena entrammo nella montagna si vedevano i primi leggeri accumuli...Giannino era alla sua prima bianca visone e saltò letteralmente dal seggiolino. Intanto io dalla vegetazione cercavo di intravedere il Paese per vedere se era bianco o si era già tutto sciolto...in realtà il bianco c'era ma preferii non dire niente. Arrivati a "N'dramaciume" chiami il mio amico di Acerno Simone per farlo avviare in Piazza ad accoglierci, stava ancora dormendo e non vi dico cosa mi rispose . Prima di arrivare al paese,un grande accumulo di neve era ben visibile nel tornante dell'Agriturismo San Leo, quel tornante che cilisticametne chiamiamo "il primo tornante della Madonna" perchè a pochi metri c'è una statuetta in una roccia della Vergine Maria (il secondo è al Laceno). Arriviamo in piazza, Simone non c'era ancora e per telefono ci disse che stava al Viale...allora non conoscevo Acerno bene come adesso e quando esclamai: "QUALE VIALE!!???", subito una signora anziana che mi aveva riconsciuto come amico dei nipoti (ma io non sapevo chi fosse) mi indicò la strada. Io e Gianni sembravamo dei turisti con quello zainetto sulle spalle! Ci recammo da Simone, ci portò a casa sua, la madre ci offri un bel caffè caldo,e voleva accendere la stufa...ma le dicemmo che già il caminetto bastava!Che bello quel fuoco! Dalla finestra del balcone si vedeva Accellica, bianca e con una nuvoletta spopra...la signora di casa subito ci disse che fuori c'erano 0° e che se quella nuvola si fosse spostata avrebbe nevicato anche giù.
Tempo di po
sare gli zaini e di ringraziare la madre del mio amico che scendemmo a fare una camminata per il paese. Simone era "scioccato" perchè io e Gianni non facevamo altro che passeggiare nelle chiazze di neve e soprattutto camminavamo nell'eraba davanti agli occhi di tutti che passeggiavano per strada. Arrivati in piazza decidemmo di svegliare Roberto e poi andammo a chiamare anche Donato! Donato con la sua vecchissima auto, capìì perchè eravamo saliti e allora ci caricò e decise di portarci in un posto. Ma prima di arrivare al garage per prendere la macchina, nel paese si scatenò una "guerriglia nevosa" con Simone, il quale da buon Acernese non esitò a lanciarmi un "pezzotto" di legno contro! (che ricordi).
Donato aprii il garage e ci fece salire...direzione Piano del Gaudo! L'euforia era alle stelle, già alla Madonna delle Grazie la neve era abbondante, Polveracchio era uno spettacolo e la Croce del Magnone era impraticabile. Proseg
uimmo ancora per qualche chilometro finchè non trovammo ghiaccio, Donato dall'alto della sua esperienza automobilistica sul ghiaccio, continuò fino a Bardiglia (dove c'è il maneggio), un piano sotto stante al Gaudo che porta al Polveracchio. Stavamo per scendere quando arrivò la chimata del Padre di Simone che ci intimò di tornare a casa a mangiare. Non avemmo neanche il tempo di scendere a toccare la neve che ritornammo ad Acerno. Pranzammo tutti a casa di Simone (famiglia accogliente davvero,li ringrazierò sempre), raccontanto le disavventure e le idiozie di un nostro caro amico di Montecorvino! I genitori del mio amico si divertirono molto e ci prepararono un pranzetto super a base di Penne alla Boscaiola, cotolette e insalate e infine Castagne di Acerno! Pranzammo la bellezza di 2 ore..poi vidi Simone parlare con i suoi e ad un certo punto chiamò la stazione vocale del Laceno: "Al piano temperatura di -6° con 25 cm...." Non avevo ancora capito, ma poi scendemmo tutti nella macchina di Donato e proseguimmo alla volta delle Croci! Paesaggio imbiancato che passa tra i castagnetri immersi in una vallata tra Accellica e Toppa del Magnone, un luogo incontaminato, pieno di animali e montanari in passeggio. La neve era davvero tanta alle Croci, volevo scendere ma Donato non si fermò e prosegui verso il Bivio per Bagnoli Irpino...STAVAMO ANDANDO AL LACENO! E non me lo aspetavo...Dalle Croci a Bagnoli gli accumuli erano davvero notevoli, nell'avellinese la quota neve era stata molto più bassa e fino a 500 m la neve era abbondante! Prendemmo la strada per il Lago, ma subito le cose si misero male...la macchina del 1987 caricata con 5 persone faticava troppo! Donato incominciò a salire di prima...non si saliva oltre i 20 orari, era affogata! Ma Donato voelva portarci sopra al Lago...a tutti i costi.La macchina nei tronanti faticava eccessivamente e Simone scese per alleggerirla...nell'ultimo tornante nonchè il più pendente dovemmo scendere tutti! La macchina puzzava di bruciato, la frizione era in panne, e con grande forza spingemmo la macchina a 4 in quel tronante mentre Donato cercava di accelerare a più non posso. Superato il tornante, ci fermammo a guardare il panorama dalla statua della Madonna!Sassetano era imponente,l'aria era nuvolosa e fredda!La neve cumulata dallo spazzaneve era ghiacciata e Roberto cercava di vedere se calpestandola e saltdantoci su si rompeva...mi avvicinai ad un palo di legno e notai con dispiacere che il vento aveva abbattuto l'insegna dedicata allo scatto di Marco Pantani nel Giro del 1998 (Tappa vinta da Zulle). Ci riposammo un po e poi ripartimmo...era la peima volta che salivo al Laceno con la Neve! Facemmo prima un giro del circuito e poi ci fermammo nell'area Pic-nic.Posammo l'auto e scendemmo in riva al Lago! Era ghiacciato!Ed io e Roberto ci camminammo sopra come dei Pazzi!Cercavamo di rompere il lastrone, ma non c'era modo di scalfirlo,trovammo un enorme masso e insieme lo lanciammo lontano ma non successe niente. Roberto poi inventò un gioco strampalato,da lui chiamato il "Pinguino stanco" e mettendosi con la pancia sul Lago ghiacciato si faceva spingere da noi..mentre lui con gambe e braccia divaricate rotolava...(che follie)...stavamo per andarcene quando sotto di me, si ruppe il lastorne!Ma fortunatamente sotto c'era terra!Fiuuuuu!Si fece scuro!Avevo paura del ghiaccio e chiamai tutti a rapporto per tornare! Fece notte subito, il ghiaccio iniziava a formarsi e quella macchina con le ruote lisce faceva fatica a reggersi!Meno male che arrivammo subito a Bagnoli!La salita verso le Croci fu di un'emozione indescrvibile, la neve illuminata dai fari era splendidametne candida e ad un certo punto dissi di fermarci...scendemmo, spegnemmo i fari e c'era solo la luce della Luna che rendeva il paesaggio incantevole. Cielo limpido, la Luna in cielo che illuminava il Terminio e la neve sotto i nostri piedi, quell'aria gelida, ferma che si sentiva sulla pelle e nelle narici...che sensazioni!!!Purtroppo durò poco perchè per paura del ghiaccio riprendemmo a salire...una mucca ci tagliò la strada e perdemmo tanto tempo dietro di lei prima che se ne andasse, ma la macchina comunque era fusa, saliva a 40 Km/h sempre in seconda. Arrivati al Paese, ci salutammo ringraziai Roberto e Donato e ritronammo a casa di Simone. Ci asciugammo davanti quel camino e ascoltammo l'ultimo CD di Vasco Rossi...non volevo andarmene!La giornata era stata incantevole. Ma poi si fecero le 18.20 e purtroppo alle 18.50 dovevamo prendere l'ultima corsa per tornare a casa. Per il viale le luci accese e le stelle che luccicavonano rendevano l'erba bianca ancora più magica...dentro di me si mescolavano gioia e nostalgia...arrivati in piazza ci abbracciammo come amici che non si sarebbero visti più (quando mai ci vedevamo tutti i giorni a Rovella), prendemmo il pulman e scendemmo a Bellizzi......

Quei ragazzi ci fecero passare una girnata stupenda, anche a discapito di una macchina che dopo è stata portata allo scasso...ma non seppi fino a qualche giorno dopo, che Simone e gli altri amici, conscevano il mio stato d'animo per una mia delusione e organizzarono tutto per farmi dimenticare quell'episodio! Che amici! Come fare a dimetnicare queste esperienze!?!?!?

(tratto da un vecchio appunto abbandonato sui miei fogli)

martedì 13 maggio 2008

Ricordi, pensieri e...


Quando si inzia a conoscere un posto e quando diventa intensamente un "piccolo confidente", un luogo magico e pieno di valore, ti rendi conto che alla base di tutto quel "sentire" c'è quella fiamma dei ricordi che arde ogni qual volta guardando una pianta, una montagna o una persona si accende e inzia a bruciare. Mentre brucia, non è possibile scappare e dove ha creato un "incendio" il terreno non diviene brullo ma fertilissimo e con se porta tantissimi frutti nel pensiero.
Cosi è il mio rapporto con questo angolo di "paradiso irpino" dove ad ogni singolo elemento riesco ad accostare un ricordo, un'avventura e un sentimento che nella memoria rinnovano tanta soddisfazione e tanta gioia.
Il ricordo, i pensieri, le emozioni sono quel miscuglio indispensabile che ti portano a scrivere pagine e pagine senza interruzione, anche in quei giorni dove pensi non si possa dar "voce" a niente di particolare, dove basta una foto per mettere in moto l'ingegno e creare un fiume di parole che difficilmente potrà andare in secca.
Pensando alla miriade di ricerche storiche e alle tantissime informazioni che in questo periodo sto raccogliendo sul Laceno per comprendere a fondo la storia e le tradizioni sull'altopiano, il mio pensiero è andato indietro nel tempo e passo dopo passo è riuscito a collegare e a rimettere in piedi ogni singola avventura, ogni singolo passaggio e ogni singola esperienza vissuta sul Lago ed è arrivato il momento che la mia mente fresca di queste recezioni inzii a raccontarvi e ad "immortalare" per iscritto tutto ciò che c'è stato di divertente, di interessante, di triste (capita) e di entusiasmante in questi anni. Davanti ai miei occhi come un film "fotogramma per fotogramma" si perpetrano le vicende nell'autunno 2006, le competizioni ciclistiche, le indimenticabili "trasferte" della "Compagnia del Raiamagra", le nevicate storiche, i pomeriggi d'Ottobre, le scalate sulle pareti di ghiaccio in pieno Inverno, i simpatici duetti con gli addetti delle seggiovie, i caffè presi al caldo dei bar e dei rifugi, le piogge estive, le giornate a fotografare i funghi, le camminate a piedi sul circuito, le bevute alla Tronola, la prima volta sul Raiamagra galavernato, i miei primi passi nella neve altissima, le avventure con i compagni acernesi... e tantissime altre ancora. Quindi da oggi in poi, durante le trattazioni di carattere descrittivo e di interesse storico naturalistico credo sia opportuno inserire nel contesto tutte quelle vicissitudini che mi hanno reso partecipe di quel processo "sentimentale" nei confronti dell'altopiano e dei suoi Monti, quell' "affetto" che può comprendere chi come me ama la montagna e chi ama la montagna sa che c'è sempre un posto sopra gli altri che ti caratterizza e che diventa il tuo simbolo per l'eternità ed oltre ad essere il tuo vessillo sei tu stesso a diventare bandiera e condottiero di quel posto. Largo spazio allora a frasi, a ricordi e a narrazioni dal sapore "epico" e a volte anche "ludico-comico", ma ogni tassello è necessario al fine di comporre il quadro generale che fa parte della "mia vita sul Lago".

lunedì 5 maggio 2008

Il microclima perfetto e mutevole

L'altopiano come meta in tutte le stagioni è un dato di fatto ed è un punto fermo, il clima invece è da analizzare perchè vario e ricco di sorprese a seconda delle condizioni meteorologiche. Capita infatti di trovarsi a fenomeni simili in inverno come in estate, naturalmente con le dovute variabili date i periodi.
Il Laceno come conformazione geografica è un luogo che da vita a numerosi fenomeni metereologici e sia l'altopiano che la presenza del lago sono elementi precisi di un microclima che fa impazzire gli appassionati di meteorologia campani e non solo.
Molte sono le storie di nevicate abbondanti, di metrate di neve mentre sulle Alpi si faticavano a raggiungere i 10 cm, molte ancora sono le storie di estese gelate e di temperature glaciali impensabili in Campania (eppure i -16.8° sono stati toccati sotto gli impianti di risalita, e forse si è giunti anche ai -21° nell'altopiano).
La grandezza del Laceno sta anche in questa capacità di aggregare e far appassionare migliaia di persone in Campania e in tutta Italia a questi fenomeni straordinari e degni di nota.
L'altopiano per la sua posizione a 1100 m e per la sua estensione e formazione a conca è il luogo ideale per la dispersione del calore durante la notte e quindi è l'ideale per quel fenomeno scientifico chiamato inversione termica. Cosi, capiterà di poter registrare minime da paura in inverno, quando l'assenza del vento permette la dispersione del calore più rapidamente e senza sosta, con parecchi gradi sottozero e inoltre notevoli saranno le escursioni termiche in estate dove diverse volte si è potuto constarare un calo di oltre 23° tra il giorno e la notte. Le brinate possibili in ogni periodo dell'anno e quel fenomeno particolare della nebbia quasi perennemente presente che rende caratteristico il paesaggio quasi tutte le mattine. L'inversione di notte rende gelido l'altopiano, raffredda erba ed acqua e ai primi raggi del sole il tutto si trasforma in nebbioni fitti e bassi che scompaiono solo quando il sole avrà completamente ricoperto con i suoi raggi la piana.
In inverno è consigliabile (con molta prudenza) recarsi sulla riva del lago al risveglio dei monti ed osservare la miriade di piante congelate e il lastrone di ghiaccio formatosi sull'acqua che fa splendere il sole e lo riflette verso le piante ed i monti.
Le nevicate frequenti a volte si trasformano in vere e proprie bufere e a Laceno non è difficile trovarsi in situazioni particolari da sovrascorrimento dove basta poco per gettare sulla terra oltre due metri di neve e rendere il tutto impraticabile (in seguito vi posterò la cronaca della possente nevicata del 21 Ottobre 2007).
In estate l'aria è frizzantina nonostante le temperature elevate ed il vento sarà l'artefice di questa sensazione di refrigerio che vi allieterà e vi renderà i soggiorni talmente piacevoli da rimpaingere l'altopiano ritornati nella calura della piana. Consigliabilissimo però attrezzarsi e organizzarsi sempre con giubbotti, maglie e ombrelli, in quanto nonostante nelle ondate calde, quando il phoen imperversa e la piana "arde", i temporali pomeridiani da termo-convettività possono essere all'ordine del giorno , tanto da passare dall'estate piena, all'autunno inoltrato.
Un microclima particolare difficile da interpretare e anche da narrare a volte; sempre ricco di sorprese e sempre ricco di particolarità, tanto che a volte (e secondo me è l'ideale) per parlare del clima lacnenese non occorrno tanto trattati scientifici o studi precisi, bensi narrazioni di eventi e di storie realmente accadute per documentare quel ch'è stato e classificare l'evento all'istante cercando di darsi una spiegazione convinti e consapevoli che la natura alla prossima occasione simile ci stupirà cambiando atteggiamento.

venerdì 2 maggio 2008

Il Silenzio... "vivere" l'altopiano e i suoi monti

Pensando all'essere umano e alla sua natura mi viene spontaneo concentrarmi sulla sua essenza legata all'ambiente e alla ricerca della fusione con esso. Il continuo rapportarsi e confrontarsi con il selvaggio e quella "presunzione" a volte di superare quel binomio uomo-natura ci portano a delle riflessioni intelligenti che ci fanno mettere i piedi per terra e ci fanno vivere non contro di essa ma con e per essa. Quante volte nella storia umanistica l'uomo è stato al centro di un processo di evoluzione che tentava di scavalcare i confini del terreno e di scoprire ciò che per esso non era possibile scoprire... ebbene, l'uomo con il passare degli anni e nei secoli ha metabolizzato la differenza e la sua inferiorità, ma ha anche concepito una cosa fondamentale che fa da motore alla filosofia della "vita vera" e cioè che "Noi" siamo figli di quella stessa natura.
Senza dilungarmi troppo, volevo rendervi partecipi e farvi entrare in sintonia con quello che il corpo e lo "spirito" di chi "vive" la montagna percepisce e volevo anticipare quel discorso che terrà base a molte riflessioni su questo blog (l'uomo e la natura) legato ad un elemento che fa da collante e da incipit a questa situazione di "benessere" : il silenzio.
Il silenzio è uno dei caratteri dell'essenza della Montagna, solo con esso si potrà divenire partecipi di ciò che i boschi e le montagne vogliono regalarci.
Tornando sui nostri passi allora, c'è da rendersi conto che chi viene "folgorato" dall'altopiano Laceno non può fare a meno che tenerlo dentro in quegli istanti dove tutto tace e la natura parla. Immaginate di dormire sul lago la notte, svegliarsi prima dell'alba, aspettare le prime luci illuminare l'aria e affacciarvi dalla vostra tenda per "ascoltare" il "buongiorno" della piana. Questo è l'istante in cui si diviene parte del posto, dove la natura fa il suo corso e l' "Io" non può far altro che confondersi e fondersi con essa. Ricordo il vento attraversare le gole tra gli alberi del Cervialto e del Raiamagra "sussurrare" la vita della Montagna, le nebbioline elevarsi come spiriti dai boschi resi evanescenti da sole, la luce prender possesso del piano e l'erba che dopo essersi lavati di brina o rugiada si sveglia e si erge a padrona, il cantare degli uccelli il loro dominio, il ragno tessere la sua tela resa lucente dalla gelata in ogni panchina costruita dall'uomo, il satellio della vita sott'acqua... e quando tu, ti fermi seduto a non turbare il corso di queso "fiume" , chiudi e apri gli occhi e ascolti con attenzione, ti accorgi che questo posto ti "parla", vuole condividere con te la sua bellezza, e ti rendi conto che in quel piano c'è un Dio che manda la sua "Anima" a prendere il Sopravvento rendentoti impassibile e inerme osservatore di quel Creato.
"Vivere" la montagna in generale e il Laceno è soprattutto "abbandonarsi" ai messaggi che ci manda, non facendoci prendere dal luogo comune che ormai snobba l'arte del "pensare" e dell' "affascinarsi" alla natura. Farsi prendere dal concentrato di vitalità e di "misticismo" fa da traino per chi vuole comprendere le ragioni dell'escursionista e dell'amante della Montagna. Vivere questa esperienza al Laceno, almeno per me, non è come viverla in ogni luogo selvaggio (dove sicuramente c'è questo contatto diretto e unico), forse per vicende personali e ricordi, o forse perchè davvero qui accade qualcosa di diverso che "intender non può" chi non lo prova, ma l'emozione trasferitami da questa conca in altura non ha paragoni e non ha "rivali".
Purtroppo quel "Silenzio" una volta entrati in "meditazione" e essersi resi un "tutt'uno" al primo tocco umano, al primo rumore non naturale, si interrompe e tutto inzia a tornare lentamente alla normalità, anche se non sarà mai più la stessa cosa e tutto li sopra ci sembrerà diverso e "vivo".

giovedì 1 maggio 2008

Le "ore" del lago

"Come "un camaleonte il lago cambia colore ad ogni evenienza" (cit.) e cambia colore in ogni stagione e attimo dell'anno. Ma la bellezza di questo posto è anche la grandezza nel rinnovarsi agli occhi in diverse parti della stessa giornta nelle stesse stagioni. Durante le mie numerose "visite" ho avuto la grande opportunità di poter documentare gli effetti e i giochi di luce in quasi la loro totalità di sfumature, eppur son convinto che prima o poi l'ultimo tassello, ossia la notte, rientrerà all'interno delle mie ricerche. Fin ora un po per volontà personale, un po per necessità e per ovvietà l'alba, la mattina, mezzogiorno, il primo pomeriggio, il tardo pomeriggio e la sera sono state tutte esperienze verificate. L'enorme differenza di visione che appare alla vista è sbalorditiva, un vero e prorpio gioco di colori che a seconda dell'inclinazione dei raggi, della potenza degli stessi e del periodo regalano particolarità entusiasmanti.
L'alba come punto di riferimento per eccellenza dei giochi di luce, rende l'atmosfera sobria e sottile, quasi sempre accompagnata dalle nebbioline tenui, l'altopiano regalerà quel sapore di "nuovo" legato alla sensazione di qualcosa di "antico" relegato nella memoria e negli anni. Infatti, non è da poco quello strano sentimento che mi riempie di gioia quando vedo la luce del sole che pian pian tenta di valicare la "muraglia" che circonda il lago. Una sensazione di primitivo, legata ovviamente al fattore del silenzio che gioca un ruolo fondamentale in questa "reazione". Naturalmente come ovvio che sia l'alba porta con se una serie di elementi precisi, diversificati stagione per stagione, che meritano "poeticamente" una descrizione a parte e personalizzata.
Quando il sole riesce nel tentativo del "valico", i primi raggi toccano "terra", non violenti e con tutta la grazia della natura accarezzano l'erbetta del piano cominciando dai primi pascoli fino a riflettersi e a specchiarsi sulle piccole onde, formate dal vento, del lago (e da qui i vari colori che tratteremo). Gli animali iniziano ad orientarsi e sembrano quasi convinti e decisi a riprendere il loro posto nell'altopiano dopo una notte quasi sempre gelida a causa delle inversioni termiche.
Il sole inizia a posare alto e prima che tocchi il centro comincia già a colorare e ad "infiammare" le tonalità del verde in primavera, del giallo in estate (secchezza dei campi), del rosso in autunno e del bianco in inverno. Nel mezzo della mattina che noi raggiungiamo il massimo della lucentezza e della vita, finchè a mezzogiorno e da mezzogiorno inizia il lento calare dietro il Raiamagra che rimanda la vita alla notte e fa si che il sonno dei colori prenda il sopravvento. Ma quel "sonno" non è "morte" ed è cosi che tra il primo pomeriggio e i primi segni di declino del sole da piena lucentezza iniziamo ad avvertiere, magari stando nel lato all'ombra del circuito ed osservando l'aloptiano al centro, quella caldezza interirore che si perpetra dagli occhi all'anima. Una situazione "calda" che avviene anche in inverno, quando il tramonto rende rosacea la candida neve.
Inizia a calare il sole, la luce non giunge più e lo scuro avanza, le prime luci del villaggio si accendono, il lago inzia a tingersi di un blu particolare in inverno e di un verde scuro in estate, chiaro segno del riposo che attenderà il Laceno durante la lunga notte...

mercoledì 30 aprile 2008

L'altopiano dai 3 "avamposti"

Durante i miei primi giri e le mie prime passeggiate intorno al circuito del Laceno mi chiedevo sempre con passione se fossi mai riuscito ad osservare l'altopiano dall'alto. Osservavo i monti circostanti e notavo con spirito d'osservazione molte alture adatte allo scopo ma i primi tempi non conoscevo ancora bene la zona e quindi mi dedicavo solo alla scoperta nel piano. Man mano che le visite diventarono più frequenti inziai a scorgere il lago da posizioni sempre più affascinanti e nell'estate del 2006, esattamente il 23 Agosto per la prima volta mi affacciai dalla vetta del Monte Raiamagra con due cari amici (racconterò questa prima avventura). Purtroppo in quella occasione non avevo ancora la macchina fotografica e di quella famosa giornata non fu possibile immortalare niente, anche se dovrei avere qualcosa su un vecchio cellulare. L'altopiano dal Raiamagra da quota 1667 si apriva in tutto il suo splendore, era possibile osservare il lago (molto piccolo per la siccità), i boschetti della forestale e le pendici di Cervarolo e Cervialto. Questo primo "avamposto" è la meta più conosciuta da tutti i turisti in quanto facilmente raggiungibile con la seggiovia e posto a pochi passi dal rifugio Amatucci. Infatti al capolinea dopo circa 200 m segnalati da un cartello con scritto "Belvedere sul lago" troverete una ringhiera in legno dal quale è possibile affacciarsi e osservare il tutto tra la distesa di faggi che occupano il crinale della montagna. Una nota curiosa è invece la difficoltà di vedere la Cima del Raiamagra dal Lago a causa delle collinette che precedono la stessa.
Il monte Raiamagra però non è l'unico posto dove poter osservare dall'alto l'intero pianoro e affinchè nel mio archivio fotografico non mancassero visuali diverse un giorno di Settembre del 2007 decidemmo di "conquistare" la Cima del Monte Cervialto situata a 1809 m (vetta più alta dei Picentini). Dopo aver effettuato un sentiero che parte dal colle del Leone (avventura che racconterò sicuramente), si giunge alle creste del Cervialto dove una volta superate vi sarà possibile giungere alla stazione idrometeorologica della Regione Campania posta sulla cima e da li osservare il panorma. Il "secondo" avamposto è il più "incontaminato" per quanto riguarda la presenza dell'uomo, un posto selvaggio a contatto con i falchi ad alta quota e allietati dalla visione del Varco del Paradiso del Monte Accellica che vi lascierà senza parole. Dalla Cima del Cervialto è possibile tramite un sentiero di cresta o tramite una dolinaa giungere all'anticima e osservare il piano dal punto trigonometrico. Questo punto d'osservazione (il Cervialto in generale) offre diversi spunti paesaggistici, sicuramente più ampio come veduta del Raiamagra, dai 1809 l'immpressione del pianoro siutato a 1100 m sarà sempre più forte perchè riuscirete a notare l'irpinia alle sue spalle e le vallate circostanti.
Il re dei monti però non è l'ultimo posto dal quale è possibile osservare l'intero altopiano, infatti vi è ancora da definire il cosiddetto "terzo avamposto". Per un attimo tralasciamo i sentieri montani e le seggiovie ed entriamo in auto. Ritorniamo all'ingresso del piano e dirigiamoci verso la strada che attraversando ai campi conduce a Lioni. Dal piano ,attraversando alcuni pascoli ,parte una strada asfaltata che salendo all'inizio in una faggeta caratteristica da ambo i lati della carrreggiata, ci condurrà fin su un piccolo scollinamento. Lo scollinamento è facile da capire, non è segnalato, ma sicuramente ai vostri occhi sul lato destra della strada vi si aprirà una piccola mulattiera, inoltre una rupe difronte a voi vi delineerà questa zona. Posate la macchina e dirigetevi a piedi verso la mulattiera che conduce tra le rocce nella collinetta (se avete occhio noterete anche una freccia blu disegnata). Scavalcato il primo ostacolo, proseguendo sul crinale che tende dritto verso la prima gobba del Cervarolo, vi troverete su una piccola pianura dalla quale girando a destra e possibile giungere ad un piccolo dosso che affaccia direttamente sul Piano. Da questa collina la visuale apre a metà altezza tra i vari Monti, la cima del Raiamagra appena visibile caratterizzata dalle piste da sci, vi comparirà davanti sbucando dalle varie collinete; fondamentale è da qui la vista che si apre sul boschetto della forestale nel quale è presente un rifugio non visibile da altre postazioni.
Ora premettendo che di "avamposti" ce ne saranno a migliaia dato che ogni monte e ogni collina può essere esplorata e può essere "conquistata", in questo capitolo ho voluto concentrare l'attenzione sui tre punti d'osservazione più raggiungibili e più significativi del mio "viaggio". Sono molto curioso del "quarto avamposto",il Monte Piscacco, un luogo che purtroppo non ho avuto ancora modo di scoprire. Ma ovviamente ci stiamo già attrezzando per un'escursione degna di questo importante "obiettivo", sperando di potervi regalare le immagini al più presto.

lunedì 28 aprile 2008

Estate secca e calda.... freschezza interiore!

Un altro momento di pausa e di "divagazione" per omaggiare l'estate e immeterci già nella sua ottica.
Questo piccolo video è stato registrato durante un'uscita della "Compagnia del Raiamagra", un'entità che non sarà ancora svelata ma che presto avrete modo di consocere. Un giro intorno all'altopiano dal Villaggio Laceno per via Serroncelli fino ad arrivare al Lago. Il rumore di sottofondo è il vento caldo che accarezzava la mia mano fuori dal finestrino. Il lago secco e quasi prosciugato dalla calura estiva stava cambiando colore all'avvicinarsi del tramonto. Alcuni tandem parcheggiati sui bordi del circuito e qualche auto ancora ferma, segno di turisti ancora li presenti (ore 18.00) a godersi il mitico panorama.

sabato 26 aprile 2008

La gara sul Lago... "colpa della giuria"

L'ora della mia prima gara ufficiale sul Lago Laceno era arrivata. Un pomeriggio d'estate, non ricordo il mese di preciso, caricammo la bici in un furgoncino di mio padre e ci avviammo su per la salita. Arrivammo abbastanza presto, il raduno era ancora pressocchè nullo e c'erano solo 2 o 3 ciclisti che si stavano riscaldando. Nel frattempo io ero teso ed agitato, ne venivo da una prestazione abbastanza buona al "trofeo Di Muro" a Pontecagnano, ma nello stesso tempo una gara completamente pianeggiata non l'avevo mai affrontata e cosi mi sentivo in difficoltà. La partenza era situata davanti alla "Sorgente della Tronola", una delle fontane del Lago, situata al fianco dell'unica pompa di benzina, di fronte ad una piccola area pic nic adiacente ad alcuni residence. Dopo aver riempito le borracce ed aver preso un caffè al bar, mi sedetti su una panchina per distendere un po i muscoli e osservavo intanto l'afflusso delle altre squadre arrivare. Io non facevo parte di un vero e prorpio gruppo, diciamo che ho sempre corso da individuale e cosi ogni corsa venivo accompagnato da mio padre e mio nonno che facevano da assistenza con l' "ammiraglia". Ad un tratto la strada diventò piena di biciclette ed io inzia a riscaldarmi attorno al circuito facendo qualche giro lento in agilità. L'alto numero di partecipanti non mi sconvolgeva ma capii subito che non saremmo partiti tutti insieme e cosi l'organizzazione decise di dividere il gruppone in 2 batterie. La prima composta dalle categorie dai 25 ai 35 anni e la seconda dai 36 ai 70 con l'inclusione della categoria allievi ossia la mia. All'inizio questa scelta mi piacque perchè consideravo il gruppo inziale più forte ma poi le cose cambiarono letteralmente.
La giuria ci chiamò alla linea di partenza, la prima batteria fuà quella del gruppo 25-35 anni e cosi dopo circa 3 minuti dal primo "via", partimmo anche noi. Il circuito si percorreva in senso orario, si doveva completare per ben 15 volte e al quindicesimo giro bisognava uscire dal circuito per completare la corsa su una salita posta esattamente all'ingresso dell'altopiano. Un circa 300-500 metri con una pendenza dell'8-9% dove era situato l'arrivo. La gara iniziò subito con un ritmo elevato nonostante il rettilineo di partenza fosse in leggerissima salita e con vento contrario. Non si scendeva mai sotto i quaranta orari nella battute iniziali e subito si andarono a formare le prime fughe. Un corridore del mio "gruppo" (non lo citerò neanche perchè non merita) e con una certa esperienza mi cosnigiò di rintuzzare i primi attacchi e di entrare nelle prime fughe, al chè iniziai cosi, tirando ad oltre 50 chilometri all'ora e spendendo diverse energie. Subito però capii che era solo un consiglio infingardo, dato che lui stava sfruttando il mio lavoro. Decisi di starmente nella pancia del gruppo per un bel po, non tiravo e non davo cambi, quando all'improvviso nella penultima curva del circuito (quella dove si incrociano le strade che riportano a Bagnoli Irpino) la mia ruota posteriore andò a colpire una pigna caduta da un albero, la bici sbandò di colpo verso la sinistra del gruppo, ma fortunatamente io non caddi e il gruppo mi evitò. Quell'incidente scatenò l'ira di alcuni "anziani" i quali senza ritegno iniziarono ad urlare e a inveire contro di me come a pensare che io sarei voluto cadere apposta. Le urla e le "minacce" mi intimidirono, cosi per mia sfortuna mi misi in coda al gruppo faticando leggermente di più a tenere il passo dato che nella pancia si stava molto meglio. Passarono cosi quattro o cinque giri, finchè non trovai un ragazzo di Bagnoli Irpino che staccandosi dalla prima batteria era entrato nel nostro gruppo e inziammo a parlare negli attimi concitati. Si chiamava Tonino e siccome era fuori gioco decise di aiutarmi e di farmi da gregario, mi consigliò di mettersi alla sua ruota e di seguirlo ovunque perchè mi averebbe condotto nei meandri del gruppo facendomi risalire e faticare poco. Intanto i giri passavano e alla pompa di benzina l'addetto con il cartello segnò 1 giro al termine. Gli attimi di quel giro furono tremendi, l'andatura si alzò alle stelle e Tonino mi sussurrò che dopo aver completato questo giro, nel finale mi avrebbe lanciato sul falsopiano adiacente al ristorante "Lo spiedo" e da li avrei dovuto continuare da solo , con la testa bassa e stringendo i denti fino alla salita. Cosi facemmo, Tonino fece una sorta di lunga volata, io a ruota e quando lui si spostò io filai dritto verso l'area pic nic del Lago e verso l'ultimo stappetto prima del rettlineo conclusivo che mi avrebbe portato alla salita finale. La fatica era immane, io correvo ad oltre 54Km/h da solo, il vento dava fastidio, il gruppo rinvenvia ma io ero sempre davanti, quel che bastava per affrontare il tratto finale con tranquillità. Lo sforzo diventò tremendo ma stavo per giungere li, all'imbocco dei 400 metri finali quando la giuria mi fermò e mi indicò che avrebbero voluto fare un altro giro. Ero letteralmente disperato, avevo faticato inutilmente, le gambe erano durissime, quasi con le lacrime dallo sforzo decisi di tentare il tutto per tutto e continuai a correre sul circuito senza farmi riprendere, ma il gruppo era deciso e mi raggiunse. Per "punirmi" non mi facevano entrare e continuavano a tenermi avanti di qualche metro per continuare a farmi faticare. Dal gruppo scatta il fratello del "collega" che mi faceva rintuzzare le fughe all'inizio ed io, ormai tagliato fuori per la fatica dalla vittoria finale, per orgoglio mentre lui mi urlava di non inseguirlo per farlo vincere, feci l'ultimo sacrifico e rintuzzai quella fuga. All'ultimo chilometro non ce la facevo più, provai a rientrare, mi riposai un po, cercavo di conservare qualcosa per la salitella finale, ma al primo passo sul 9% i crampi mi presero ed io cedetti tantissime posizioni nello sconforto totale e nel dispiacere assoluto.
Quando la "giuria" ti fa perdere una corsa, non è come averla persa sul campo, non sei stato sconfitto dal tuo avversario ma dalla cattiva organizzazione e cosi al sol pensare a quella ghiotta occasione mi viene rabbia e tristezza. Son passati anni e non sono andato più a riprovare quella gara, se non una prova a cronometro nel 2004.
Ora nel mio immaginario c'è un giorno nel quale tornerò li su e farò mia questa corsa (dovrò riprendere ad allenarmi però) sperando di poterla raccontare su questo blog.

venerdì 25 aprile 2008

Altopiano meta invernale, estiva, primaverile e autunnale

Dopo aver spiegato alcune argomentazioni fondamentali alla nostra trattazione, ai più sarà venuto un dubbio sul periodo in cui Laceno offre più spunti e più attrazioni. Bene, consideriamo allora stagione per stagione perchè credo che l'altopiano abbia scopo di visite in ogni singolo mese dell'anno (a volte anche in più settimane al mese) e sia dotato di particolari elementi non trascurabili ad una sola stagione. Iniziamo come ovvio dall'Inverno, periodo dell'anno per eccellenza del Lago Laceno. Conosciuto e rinomato come località sciistica, è considerato uno dei posti più interessanti di Italia per le sue particolarità negli impianti di risalita, nelle piste da sci e nella ubicazione stessa dell'impianto. Precisiamo che però non è possibile avere a disposizione queste attrezzature ad ogni annata perchè (considerando soprattutto gli ultimi anni) la sua disposizione a sud su montagne non troppo elevate non permette il suo utilizzo completo (e a volte anche parziale) da Dicembre a Febbraio. Purtroppo è capitato di dover annullare un'intera stagione invernale e non serve andare troppo indietro per ricordarsi il tremendo inverno 2006-2007 (gli impianti aprirono solo 3 volte) e, in parte minore seppure pessima, anche questa annata, dove gli impianti oltre ad aprire poche volte non sono stati quasi mai fruibili fino a valle ma solo fino all'intermedio. Gli impianti (a cui dedicheremo un capitolo a parte) nascono all'interno del Monte Raiamagra, immersi nelle faggete (caratteristica unica), diverse piste di diverse difficoltà su cui spuntano la più lunga, ossia la "Settevalli" (blu) e la "Nordica" pista nera ora chiusa. Sul crinale del Monte Raiamagra (o anche Rajamagra) a quota 1667, un piccolo anello di fondo di circa 2km che si apre alla visuale del mare (approfondiremo). Due rifugi-ristorante, uno a quota 1400 e l'altro a 1667, un rifugio canadese sul costone esposto, un campo scuola, un impianto di snow tubing.
Dall'inverno (che riprenderemo ovviamente nei dettagli nei prossimi capitoli) passiamo alla primavera periodo consigliatissimo per le prime escursioni nei boschi. Tra Marzo e Aprile (in periodi non freddi, altrimenti è da considerarsi anche Maggio) infatti, lo spettacolo delle gemme degli alberi, dell'erba verde nell'altopiano e dei tantissimi fiori, renderanno le vostre passeggiate ricche di gioia e di colori che verranno captati dai vostri occhi e trasferiti direttamente alle vostre emozioni. In questo periodo dell'anno consigliabili sono i vari sentieri di sorgente, ossia tutte quelle stradine di montagna che vi conducono dietro l'altopiano in canali secchi in estate. Uno spettacolo davvero indescrivibile, sopratutto se si pensa alla Fiumara di Tannera e ai centinai di ruscelletti e cascatelle che si formano con lo sciogliersi delle neve e con il refluire delle piogge.
Dalla primavera all'estate... e qui dal trekking passiamo al relax e al riposo assoluto. Posto ideale per sedersi sotto il verde di un faggio e di osservare la natura calda e selvaggia. Passeggiate a cavallo e sedute di tiro con l'arco sono all'ordine del giorno ma ciò che reputo più fattibile in questa stagione sono i distensivi giri in bicicletta intorno al circuito. Il sole vi accarezzerà, ma il venticello vi rinfrescherà allo stesso tempo, qualche pedalata leggera, spensierata e ogni tanto qualche sorso alla "Sorgente Tronola" sono l'ideale per mettersi in sesto con se stessi. Inoltre consigilate all'alba splendide corse a piedi di circa 5 - 10 km accompagnati (tra giugno e luglio, sempre all'alba) da simpatiche orde di ranocchie che si riversano dal lago sulla strada.
Ma l'attività per eccellenza a mio avviso è il riposo nei boschi adiacenti al piano l'Acernese e al piano dei Vaccari, dove vi sarà possibile trovare sotto le faggete ampi spazi verdi e freschi dove leggere o fare qualche chicchierata con gli amici, senza contare le postazioni attrezzate per cucinare (lasciando sempre tutto pulito!!) e quindi per passare l'intera giornata.
L'autunno (stagione finale di questo resoconto) invece, è la stagione della riflessione e della fotografia. In questo periodo il lago non è molto frequentato e infatti i mesi da Settembre a Dicembre sono quelli dove il silenzio la farà da vero padrone, insieme ai numerosi colpi d'occhio. Il giallo delle piante vi scalderà l'anima, i tappeti rossi del sottobosco vi massaggeranno le piante dei piedi durante le vostre escursioni oltre a prestarvi campo per le vostre fotografie. Il lago si presenta opaco e di un colore molto vicino al marrone tinto di grigio, alcuni alberi matureranno le loro bacche rosse novembrine, i corvi reali alla mattina "urleranno" il loro dominio sull'altopiano e le prime nebbie annesse alle prime brinate renderanno invisibile e spettrale tutto ciò che ai vostri occhi vi si era presentato.
Quindi dall'analisi ne emerge un Laceno 365 gradi, visitabile in ogni periodo dell'anno e a seconda delle aspettative in una determinata stagione. Per chi come me ha preso questo posto come obiettivo di "studio" di "passione" sicuramente non vi sarà mese che verrà dimenticato e vi assicuro che man mano la conoscenza del "lago" entrerà in voi inizierete a provare il desiderio di osservarlo anche più volte in una settimana.

giovedì 24 aprile 2008

"Silenzioso" vento freddo...


Un po di spazio all'immaginazione, un ricordo freddo del Marzo 2007, un post di attesa, un post dedicato all'inverno ormai passato e all'estate che si avvicina. Tra le gelide fronde sulla Cima del Monte Raiamagra, nei pressi del belvedere panoramico inghiottito dalla nebbia. Vento, freddo e tanto "silenzio" nel rammentare e nel vivere la montagna.

Una disputa "storica"... Terminio o Laceno?

A volte ci capita di trovarci in situazioni strane e al quanto complesse dovute a "rivalità" su argomenti astratti e all'apparenza (secondo me realtà) inutili. Allora dalla disputa politica (seria), si passa alle "rivalità" calcistiche, alle "rivalità" culturali, alle "rivalità" storiche e non potevate immaginare (almeno credo) alle "rivalità" naturalistiche. Ebbene si, anche gli appassionati di montagne e di turismo sull'appennino si vantano e si scontrano sulle località preferite, ma la vera e propria disputa tra gli amanti dell'Irpinia è "l'ossessione" Terminio o Lago Laceno? Ovvio che per "rivalità" non si intende una competizione reale e agguerrita (ci mancherebbe) però è simpatico confrontarsi con questi due mondi di pensiero ed è assurdo, ma nello stesso tempo costruttivo, pensare che vi siano scambi di opinioni nel prediligere questo o quel posto. Terminio e Laceno sono per eccellenza le due località che si scontrano in questa "gara"; una gara senza vincitori ma che crea quel mecanismo di "ricerca" in grado di sviluppare tesi e argomentazioni che all'apparenza non si sarebbero mai prese in considerazione. Ma passiamo alla disputa che si basa su punti fondamentali come: paesaggistica, impatto ambientale, fauna e flora, punti di ristoro, turismo invernale e particolarità. Senza entrare nel merito del Terminio, che per me è una montagna eccezionale e piena di fascino, caratterizziamo il "Laceno" sotto questi punti di vista. Ci tengo a precisare che amo indistintamente tutti i monti campani e che per me la disputa e solo spunto di approfondimento, ma il Laceno è quel "loco" che in ogni caso mi avrebbe rapito per la "mia storia".
Operando allora questa distinzione direi di interessarci della paesaggistica come primo aspetto di distinzione del posto. Come abbiamo ripetuto più volte è un altopiano posto a 1100 m, circondato da monti alti dai 1650 ai 1809 ricoperti da fitte faggete. La faggeta è l'elemento caratterizzante di tutto il comprensorio Irpino e Picentino ma è prorpio qui che inziamo a notare le prime differenze con il resto dei monti. Una innata "irregolarità precisa", una trasformazione della vegetazione in "perfezione sparsa" fanno in modo che le faggete del "laceno" rappresentino una meravigliosa "imporvvisazione della natura" dove ogni albero se pur collocato in maniera ineccepibile (come la natura sa fare) non rende l'idea di un tutt'uno col bosco. Quante volte vi sarete addentrati in una faggeta e avrete pensato che "è tutto uguale". Ebbene, qui il concetto del "è tutto uguale" svanisce, forse per un'immersione psicologica dei sentimenti (chi sa), eppure ti accorgi di vivere in un mondo che non conosce regole e che tra i suoi gemelli si differenzia (approfondiremo in altri capitoli).
Passando dall'aspetto vegetale, l'attenzione cade invece anche su aspetti umani veri e proprio e quindi sull'impatto ambientale del villaggio turistico e del circuito. Per quanto l'uomo possa sempre danneggiare e trasformare l'ambiente sull'altopiano regna ancora una certa "legge", la legge della sobrietà e del rispetto nelle costruzioni. Tralasciando il vecchio Motel abbanonato (vi saranno degli studi dato che da Santuario diventò Rifugio e poi Albergo) che tutt'ora in qualche modo rappresenta una caratteristica, la presenza esterna si confonde con quella vera e cosi un'area pic nic ben integrata con bracieri e fontane in pietra si abbina a villette montane (stile trentino alto adige), ad un villaggio sistemato e preciso, fin addirittura ad un presidio dei Carabinieri in pieno stile appenninico. Non manca purtroppo la scostumatezza e la barbarie dell'uomo che in determinati periodi dell'anno "attenta" alla vita del luogo (ne parleremo). Sul turismo Invernale e sulla ristorazione avremo modo di soffermarci in seguito (con un bell excursus sulle tipicità bagnolesi) , mentre su alcune particolarità metteremo il punto ora (salvo riprenderle per approfondire). La neve, il lago, i colori, l'acqua...apparentemente 4 elementi omologati,eppur qui diventano 4 essenze tutte da scoprire. Dal cristallo di neve che qui grazie all'esposizione ai venti prende una forma a scaglia particolare, al lago che cambia forma, ai colori dell'acqua e del comprensorio che mutano anche più volte in una sola giornata. Inutile perdersi in poesie, ma questi elementi sono tutti documentati e alcuni studi che sto portando a termine sui colori del lago renderanno l'idea della grandezza della natura.
Quindi, da ciò che abbiamo raccontato ne emerge una disputa seria e costruttiva, una disputa che serve anche da incentivo a studiare e a valorizzare i nostri sentieri e le nostre roccaforti del turismo. Terminio e Laceno si contendono il trono delle particolarità e delle bellezze, una sfida tra veri appassionati difficile da aggiudicarsi (tranne per sentimento ovviamente) che continuerà all'infinito accrescendo ogni volta e incrementando il suo "bagaglio tecnico e culturale".

mercoledì 23 aprile 2008

Lago o altopiano? Un po di storia...

occorrono delle precisazioni storiche e delle precisazioni naturalistiche altrimenti si rischia di confondere chi non conosce il posto e di mettere in confusione che invece sul lago ci è andato spesso. Prima di tutto va ricordato che Laceno è un piccolissima frazione-villaggio turistico di Bagnoli Irpino e che indipendentemente dal lago, nominare Laceno è nominare una zona ben definita. Questa zona è compresa tra il Monte Raiamagra (dove sono le piste da sci), il Monte Cervialto (il più alto dei picentini) , il Cervarolo,il Calvello e tra i pianori de L'Acernese, dei vaccari e il colle del Leone. Quindi una zona abbastanza ampia che nella zona dei piani sconfina nel comune di Calabritto. Per essere ancora più precisi diremmo che la zona lacenina intesa da me è l'intero comprensorio appena descritto, quindi Parlare di Laceno oggi è alquanto ambiguo,non fermo al solo lago e al solo villaggio. Passando quindi ad una digressione sull'ubicazione andiamo a sviscerare un altro argomento fondamentale, ossia la differenza tra la denominazione di Altopiano Laceno e Lago Laceno. Nelle descrizioni precedenti ho usato questi due termini già diverse volte, ma essi non vanno ne confusi, ne ignorati in quanto fungono da chiave di lettura per l'intero blog. L'altopiano Laceno è l'intera conca racchiusa tra i monti suddetti, con una circonferenza di circa 6 km delimitata da una strada asfaltata a due corsie che chiameremo "circuito". Il lago invece è rilegato nella parte W-SW dell'altopiano ed oggi rappresenta una minima parte dell'intero ecosistema del posto, ma nello stesso tempo questa piccola parte è ricca di storia, particolari e approfondimenti che nel corso di questo "viaggio" avremo modo di osservare. Fondamentale però, è ricordare che il lago laceno non è sempre stata la "minima parte" dell'ecosistema dell'altopiano ma eventi naturali e storici l'hanno ridotto rendendolo almeno una ventina di volte meno capiente. Il terremoto dell'80 sconvolse l'intero sistema lacenino per un semplice motivo: le grotte e le cavità carsiche. Prima del famoso terremoto infatti l'intero altopiano ero ricoperto d'acqua (foto sopra) , il lago era percorribile con barche e la pesca era rigogliosa, ma alle forti scosse sismiche si aprirono delle falle nel terreno sottostante l'altopiano e il fondo carsico e pieno di grotte inesplorate, favorì la dispersione dell'acqua nel sottosuolo. Probabilmente nell'unico angolo di altopiano dove è ancora presente l'acqua, il terreno sottostante ha cavità sature o non ne presenta. Ancora oggi si ci interroga se creare una copertura di impermeabilizzazione per far ritronare il lago al suo vecchio splendore, ma credo che dove ha messo mano la natura non bisogna interferire. Se il Lago fosse scomparso per colpa dell'uomo sicuramentee avremmo dovuto trovare un rimedio e rimettere la natura nel suo corso naturale, ma un terremoto e le grotte fanno parte di questa vita, di questa terra e quindi è inuitle e inopportuno interferire.
C'è da dire però, che l'altopiano in alcune annate invernali riesce ancora a rimpirsi completamente, ma ai primi caldi l'acqua non regge e cosi ritorna alle sue attuali dimensioni. In questi ultimi anni un po le nevicate dal 2005 al 2006 con le attuali del 2008, un po l'incredibile apporto pluviometrico di quella zona irpina, sembra abbiano favorito però un leggero aumento del volume del lago e speriamo che in un tempo non troppo lontano madre natura ci voglia di nuovo regalare quelle emozioni e quelle immagini di un tempo.

Indicazioni... come arrivare al Piano (la mia strada preferita)


Sembrerebbe banale ma un post dedicato alle strade per raggiungere il Piano Laceno era d'obbligo. Naturalmente come è ovvio che sia a seconda della partenza esistono vie meno o più convenienti ma per oggi voglio focalizzare l'attenzione sul percorso che reputo il più rilassante paesaggisticamente e il più stancante per la guida. Il percorso che preferisco, il percorso che farei centinaia di volte (a dire il vero l'ho fatto gia migliaia di volte) è quello della "mitica" statale 164. Abitando a Bellizzi, molti mi consigliano di proseguire per l'Ofantina ed uscire a Caposele, ma ormai per me la 164 è quasi un rituale d'obbligo e in questi anni ho imparato "vita, morte e miracoli" di questi 50 km che mi separano dall'altopiano. Per non perderci in chiacchiere direi di inziare subito con una breve descrizione del percorso con annessa altimetria del percorso partendo da Bellizzi (SA) : Km 50 - dislivello totale in salita 1670 m (dopo spiegherò il perchè) - quota di partenza 60 m - quota arrivo 1100 m - quota massima di passaggio 1200 m - Comuni attraversati Bellizzi,Montecorvino Rovella,Acerno,Bagnoli Irpino. Procediamo ora al palmo a palmo della strada e cosi sveleremo anche l'arcano sul perchè dei 1670 m di dislivello nonostante il tutto porterebbe a pensare all'incirca 1100 metri.
Immettendosi sulla SS 18 a Bellizzi proseguiamo per circa 1 km in direzione Battipaglia fino a giungere a Piazza Europa dove troveremo un quadrivio. Al quadrivio proseguire a sinistra in direzione Montecorvino Rovella sulla statale 164 per circa 11 km. In questi 11 km uscendo dal centro abitato di Bellizzi, superando la zona industriale si giunge nella prima frazione di Montecorvino, Macchia (piccolo centro abitato), superata Macchia e superato il bivio per Olevano sul Tusciano si giunge in loc. San Martino. In questa località sono due le opzioni, o proseguire verso Montecorvino Rovella oppure prendere la deviazione a destra a 2 km prima del centro abitato in direzione "Ristorante La Lanterna" in località Lappe. Sconsiglio chi viaggia per la prima volta questa strada secondaria, in primis perchè molto dissestata, in secundis perchè difficile orientarsi in mulattiere senza cartelli e senza indicazioni, una vera e prorpia scorciatoia per "esperti del posto". Quindi, proseguiamo da San Martino, superando due tornanti e arrivando in frazione Ponte Mileo dove vi si aprirà un bivio la cui scelta è ininfluente dato che il passaggio per il paese è obbligato, ma in ogni caso dilunghiamoci sulle due strade. La prima deviazione possibile è sulla salita di Santa Maria (deviazione a Sinistra), un drittone di circa 700 m che giunge dinanzi al Campo Sportivo e dal Campo Sportivo proseguendo dritto porta alla colonnina al centro del paese. L'altra strada (deviazione a "destra", ma è quasi un proseguire dritto) allunga di 1 km circa ma è provvista di uno spunto per un nuovo percorso, infatti giunti a Parco Rimembranza una stradina stretta sulla destra (la noterete al fianco di un muretto sulla destra dell'arco di Parco Rimbembranza) scende in località Sant'Eustacchio per poi sbucare sulla 164 evitando il Paese, ma anch'essa per chi non conosce il posto è sconsigliata. Evitando la deviazione, tra l'altro impercettibile per chi non conosce la zona, si giunge sul viale dei Cappuccini fino alla colonnina sita al centro del paese. Ripartiamo ora proprio da questa colonnina, proseguendo dritto fino alla piazza dei Caduti dove seguiremo la deviazione a destra in direzione Acerno evitando la deviazione per Giffoni Valle Piana. Giunti a questo bivio abbiamo percorso i primi 240 m di dislivello e siamo pronti ad affrontare i prossimi 480 m che da Montecorvino ci porteranno in località Lappe al primo scollinamento per arrivare ad Acerno, infatti presa la deviazione a destra si prosegue per circa 8 - 9 Km attraversando la piccola frazione di San Lazzaro, nella parte più bella della 164 passando per i boschi di nocciole e castagni, osservando il Santuario della Madonna dell'Eterno, restando esterefatti dalla bellezza del Monte Raione visibilissimo al bivio di Olevano (naturalmente noi proseguiamo sempre in direzione Acerno), osservando il Mare e la piana prima di addentrarci definitivamente nella montagna. Quando scompare l'apertura alla piana, gli alberi di castagno la fanno da padrone, si inzia a scoregere il Monte Accellica e poco prima di giungere presso una fattoria possiamo fermarci ad una fontana ed una sorgente. La fontana è ben visibile sulla destra, la sorgente invece si raggiunge a piedi in una curva prima di un drittone che porta alla suddetta fattoria, posando la macchina al lato, salendo per quattro cinque gradini e assaporando l'acqua gelida e salbure del posto. Dalla fattoria (sicuramente vi imbatterete in mucche, maialini, cavalli) la strada giunge ad uno scollinamento dal quale è possibile osservare il Monte Polveracchio e in autunno (quando gli alberi sono spogli) il paese di Acerno dall'altro lato della collina. Dallo scollinamento inizia una discesa di circa 5km che si concluderà in località "N'dramaciume" (cosi chiamata dagli abitanti del posto), li dove finisce la discesa per riprendere la strada in salita sopra un ponticello attraversato sotto dal fiume Tusciano (è possibile posando l'auto soffermarsi a riempire l'acqua alle fontante del Pozzo del Capretto-il passaggio è visibile prima dell'inizio del ponte sulla sinistra). La salita ora punta dritta al paese di Acerno, troverete dinanzi un cartello con su scritto "Acerno paese delle cento acque", sarete affascinati dalla vicinanza con l'Accellica, se siete fortunati e sarà aperta potrete notare la cascata artificiale del depuratore (artificiale ma comunque spettacolare) e poi vi troverete nei pressi di un tornante dove vi è posta anche una stradina alternativa. Analizziamo un attimo la scorciatoia per complettezza. Questa strada si può notare sulla sinistra prima del tornante, un'insegna dell'Agriturismo San Leo e della Masseria Cugno vi indicherà il sentiero giusto, una stradina di vallata, attraverso la frazione San Leo tra il Monte Magnone e il Monte Accellica che vi condurrà dopo alcune salitelle finali esattamente al valico delle Croci di Acerno evitando il tratto di curve che dal paese porta al valico (strada sconsigliata per le difficoltà ambientalistiche che a volte vi si trovano :dai rami rotti, al ghiaccio, alla neve ecc ecc). Naturalmente allora, invece di scendere per San Leo (cosa che in realtà io faccio sempre) giriamo il tornante e dopo pochi metri sulla sinsitra noterete una nicchia con una statuetta della Vergine Maria...altri due chilometri e siamo nel Paese di Acerno , arriveremo in Piazza e dalla piazza girando a sinsitra giungeremo (passando per il centro caratteristico) ad pentavio dove senza peredere tempo (ma se volete adnate a visistare il viale dinanzi a voi) proseguiamo in direzione Bagnoli Irpino-Lago Laceno a 20Km. Si passa per Via Montella per circa 1 km finchè non si entra sulla strada alle pendici del Monte Magnone contornata da Castagneti spettacolari. Ancora 5 km di curve e siamo al valico delle croci di Acerno (840 mslm), si scende per qualche centinaio di metri e giunti ad un bivio proseguiamo a destra verso Bagnoli Irpino. La strada lunga circa 8 km da quota 840 porta ai 620 del paese, è molto dissestata si deve procedere con cautela, non offre spunti paesaggistici eccezionali ma vi è già possibile dare uno sguardo al Terminio e alla valle del Calore. Giunti finalmente a Bagnoli, ultima deviazione verso Lago Laceno fin su quei 5 km finali raccontatevi nel post precedente nella mia scalata ciclistica.

Note
La strada da Montecorvino in poi può essere rischiosa se non si fa attenzione ai numerosi animali domestici che transitano liberamente. Non difficile è incontrarvi mucche, tori, cavalli, maiali (tra gli animali che potrebbero crearvi problemi relativi) e volpi, ricci, conigli e lepri (tra gli animali caratteristici). Attenzione inoltre alla possibilità di acqua sulle strda (dovuta alle sorgenti o alle nevi che si sciolgono) e alla pendenza della salita finale.

martedì 22 aprile 2008

Tutto iniziò con una "apparizione"...

Naturalmente mai titolo fu più ironico ma nello stesso tempo reale di questo... "un'apparizione". Una mattina calda d'estate, esattamente nel 2003 tra Luglio e Agosto come di consuetudine scendevo di casa con la mia "Fausto Coppi" (bici da corsa) per raggiungere Giuseppe De Santis e cosi intraprendere i nostri allenamenti ciclistici. Era un anno felice, avevo inziato da appena 10 mesi a pedalare, ma il 29 Giugno ad Orria la tenacia mi premiò e mi regalai, con tanto sacrificio, la maglia di campione italiano della montagna della categoria allievi. L'umore era elevato, la mattina calda come piaceva a me mi faceva sentire bene e cosi decidemmo insieme al mio collega di numerose avventure di cambiare i soliti itinerari cilentani e recarci nell'alta irpinia. Da Bellizzi, deviammo per la statale 164 che conduce dapprima a Montecorvino Rovella e poi ad Acerno, una strada a me molto cara per il suo verde, per il suo panorama e per la sua "storia". Una chiacchiera, un allungo, uno sguardo ai monti ed il pensiero sempre più vicino alla salita del Laceno descrittami come un vero e proprio ostacolo data la mia giovane età ciclistica. Niente mi faceva paura, fino ad allora avevo affrontato molte salite, andavo discretamente e i miei 64 Kg distribuiti allora in 180 cm mi permettevano di fare cose egrege. Arrivati ad Acerno, ci fermammo per riempire le borracce alla famosa fontana del chiosco, il sole sulla pelle era rigenerante, l'acqua di acerno come sempre un toccasana...la mente gioiva col fisico. Da Acerno in direzione delle Croci iniziammo la discesa vero Bagnoli Irpino, una strada molto dissestata che percorremmo anche a velocità elevate non con pochi rischi. Il paesino ci sorrideva da alcuni tornanti, entrati nel centro però qualcosa stava cambiando, la strada si inerpicò per poi spianare , riscendere verso un tornante ed impennarsi definitivamente verso il lago. Le mie marce al primo metro risultarono subito inefficienti e cosi scalai di qualche dente la catena, subito mi lasciai alle spalle la compagnia e dai primi 50 metri costeggiando il campo di calcio del Caliendo mi resi conto che quel giorno nascondeva in se un'esperienza che non si sarebbe cancellata nel giro di un ricordo. La strada era dura, la mia muscolatura allenata da 10 mesi era forte ma pure sempre agile e non eccessivamente potenziata, andavo su spedito lo stesso ma naturalmente il mio contachilometri in questa prima avventura lacenese non superò mai i 13 km/h. Soffrivo ma nello stesso tempo il mio cuore che pulsava forte si riempiva di soddisfazione, dietro non c'era più nessuno e davanti a me si aprivano dietro i tornanti (per l'esattezza 5) i costoni scoscesi dei monti irpini e la vallata sottostante che terminava verso il Termino di Montella. Primo tornante, secondo, terzo... ed ecco che li ebbi un abbagglio, la fatica diventò immane, la strada saliva a più non posso e curvava nel quarto tornante dove con la faccia verso il basso dallo sforzo i miei occhi videro un'ombra strana di una statua. Non mi soffermai subito ma continuai a picchiare duro sui pedali finchè voltandomi a destra scorsi la statua della Vergine Maria che in quell'istante mi supportò fino allo spianare di quella curva infinita. Un'apparizione che ancora oggi ricordo e che da allora fece si che quel punto da noi appassionati si chiami il "Tornante della Madonna". Aventi al piccolo belvedere panoramico dove era situata la stauta un cartello commemorava lo scatto di Marco Pantani che nel 1998 tentò di vincere questa tappa conquistata però da Zulle sul circuito del Lago. Un altro tornante ancora ma poi la strada spiana verso una vallata e io posai la mia bici sul lato sinistro della strada, sedendomi sul bordo di una vasca di una splendida fontana marmorea. Una fontana che rappresentava un po il ritornello della giornata, giacchè dai primi Km di Bellizzi il Maresciallo (Giuseppe) mi diceva che avremmo assaggiato un'acqua ancora più buona e più fresca di quella di Controne.*
Aspettai una decina di minuti finchè non arrivarono su gli altri... nel frattempo assaporava quell'acqua spacca denti e mi guardavo intorno. Arrivato il resto della compagnia con Giuseppe e Giovanni, prendemmo le bici affrontammo un piccolo tratto di salita ancora e poi via verso l'altopiano. L'aria era frizzantina, gli alberi ci accompagnarono nella discesa verso il piano rinfrescandoci e al primo passo nel circuito del Lago mandire di mucche "ostacolavano" il nostro cammino. Era davvero un posto bizzarro, strano, magico e diverso dagli altri...pedalare in una pianura a 1100 metri era un qualcosa di indescrivibile, sembrava di essere i padroni della montagna, sembrava di vivere li dove ogni amante della natura e dello sporto sogna di vivere. La gioia di questa esperienza ci portò a non considerare il tempo e girammo addirittura ben 7 volte intorno a quel circuito di 5,5 km prima di tornare giu verso Bellizzi, ma nel frattempo ci fermammo di nuovo a riempire le borracce all'ombra di un albero sul viale parallelo alla strada per Lioni. Un vitellino ci guardava incurisoito, la luce degli alberi filtrava dalle foglie e il sole cosi non creava problemi. L'altopiano secco di calura trasmetteva un brivido strano... era solo l'inizio di quel percorso e di quel "sentiero ideale" che mi avrebbe accompagnato nel corso degli anni in quei posti.


* La tradizione ciclistica del nostro gruppo era molto legata alle fontane, infatto puntualmente ogni giro era caratterizzato da una fonte d'acqua. Fino allora, prima del giro del Laceno il primato era della fontana situata sotto Controne ai piedi degli Alburni.