sabato 7 giugno 2008

31 Gennaio 2006... sugli sci!

La mattina del 30 Gennaio 2006 iniziò con l'assemblea d'istituto. Era l'anno dell'esame di stato, ero in quinto liceo e cosi dopo l'appello come da prassi mi recai in una classe prima per controllare l'ordine mentre i rappresentanti discutevano (si fa per dire) sui punti all'ordine del giorno. La giornata era uggiosa, non pioveva e non faceva freddo, la classica giornata invernale "insipida" la quale senza uno scossone sarebbe diventata una noia mortale. Con alcuni ragazzi il giorno prima avevamo in programma una sciata al Lago Laceno, non sapevamo se le piste fossero aperte (non avevamo chiamato nessuno) e neanche se ci fosse neve (all'avvenutra) , ma comunque ognuno di noi nello zaino al posto dei libri portò la tuta, i doposci e la maglietta di ricambio. Per me era la prima volta, non volevo comprare l'attrezzatura ovviamente e cosi mi feci prestare dallo zio il pantalone da sci e la maglietta termica, i doposci li avevo gia comprati. Dopo l'assemblea, all'uscita alle 10.20 l'appuntamento era nel piazzale delle poste a Montecorvino Rovella con Carmine e Sergio (fratelli), Eduardo e Donato. Tutti eravamo già pronti tranne i due fratelli che scesero di nuovo a Macchia per prendere l'attrezzatura e salire a Rovella. Partimmo alle 11.15 ed arrivamo al lago alle 12.00, la neve c'era, le nuvole erano basse e sembrava tutto deserto. Ci recammo agli impianti di risalita e temevamo fossero chiusi ma "fortuna" volle che le seggiovie erano in funzione e le piste erano aperte.Parcheggiammo l'auto e ci recammo in un piccolo rifugio dove c'era un anziano signore che affittava sci e scarponi, il camino acceso ci accolse con il suo crepitito e noi dopo aver lasciato un domcumento e dopo aver preso le attrezzature necessarie ci recammo alla seggiovia. Ricordo perfettamente l'emozione di sedermi su quel seggilino e sentire l'addetto urlare "alzate i pidi mo che parte", ed infatti non avevo ancora sperimentato che quando c'è neve la distanza tra terra e i piedi si accorcia notevolmente. Salimmo per primi io e Sergio e facemmo sosta all'intermedio con Donato, mentre Carmine ed Eduardo si recarono direttamente in cima sicuri delle loro capacità da discesisti. All'intermedio non avevo ancora gli sci ai piedi, li avevo fatti portare in seggivia da un addeto che a sua volta me li aveva appoggiati su un cancelleto in legno verso il campo scuola. L'impatto è stato tragico, non riuscivo ad incastrare gli scarponi agli sci e per arrivare alla manovia si doveva percorrere una piccola ma ripida discesa. Sergio mi incitava a crederci ma io presi gli sci in spalla e mi recai alla manovia a piedi dove cominciò di nuovo lo "spettacolo" pietoso di prima. Finalmente riuscii ad incollare quelle "tavole" agli scarponi e dopo aver inserito lo ski pass nell'apposita macchinetta ed aver superato con una spinta la maniglia scorrevole, mi aggrappai alla manovia ignaro completamente di come si potesse usare. Scivolai subito, le gambe si allargarono, non caddi, mi riaggrappai alla maniglia, scivolai di nuovo e mi aggrappai alla corda e cosi finalmente tra risate e sudate giunsi alla vetta di quei 50 metri interminabili. Davanti a me una discesa che mi sembrava ripidissima e impraticabile ed era la più piccola e la più facile. In un primo momento decisi di rinunciare, poi spinto anche da Sergio mi buttai e dopo circa cinque metri presi una deviazione strana schiantandomi contro un "muretto" di neve sulla mia destra. Subito capii che quella giornata non sarebbe stata una passeggiata e mentre penzolavo incastrato con uno sci nella neve e una gamba senza sci rotolato lontano, pensavo a come fosse stato facile farsi solo una passeggiata e scattare qualche foto.Però, sinceramente,non mollai e provai a più non posso quel campo scuola cadendo tantissime volte e rimpiangendo il liceo della mattina. Dopo circa un'ora di campo scuola, preoccupati anche dal fatto che Carmine ed Eduardo non ci avessero ancora raggiunti decidiamo di recarci in vetta, questa volta con gli sci ai piedi. Prendiamo la seggiovia e a quota 1700 per scendere e fermarmi occorre solo un ruzzolone nella rete di protezione tra lo sguardo divertito e incredulo di sciatori "professionisti". Mi rimetto in piedi subito e appena girai lo sguardo sulla sinistra notai Carmine ed Eduardo a terra che nel giro di un'ora e mezza non erano riusciti a percorrere neanche dieci metri. Per Eduardo come per me era la prima volta e Carmine tentava inutilmente di "convincere" Eddy a mantenersi in piedi, un'impresa altamente complicata!! Dall'alto della "mia esperienza" mi recai verso di loro, li sorpassai ma per mia sfortuna in fondo al primo rettilineo c'era una dannata curva e cosi per frenare usai il solito metodo della caduta. Nel frattempo Sergio mi aveva seguito e per rialzarci sulla pista facemmo degli spettacoli allucinanti, abbracciati al centro della discesa, intrecciati a cercare l'equilibrio giusto e in permanente precarietà. Fortunatamente dopo la prima discesa durata addirittura un'ora e dopo esserci resi ridicoli agli occhi di bambini che scendevano senza bastoncini e ci guardavano con aria di superiorità, le gambe inziarono a capire i movimenti (dopo tanto!!) e iniziai a divertirmi anche io. Sicuramente la cosa più divertente era passare il povero Eduardo che nel frattempo rimaneva fisso nello stesso posto, finchè verso le 15.45 decise di proseguire a piedi per la pista, ed era davvero uno spettacolo vederlo dalla seggiovia come uno yeti barcollare lungo i 3 km che conducevano all'intermedio.
La giornata volgeva al termine, il buio dietro i monti stava per avanzare e decisi di rientrare al campo scuola dato che ormai avevo lasciato la compagnia per dedicarmi in solitaria alla discesa. Mentre arrivai al campo ricevetti anche le "bestemmie" di Eduardo che sfinito chiedeva aiuto affinchè qualcuno gli portasse gli sci per qualche metro. Eravamo tutti stanchi ma divertiti (tranne uno) e quella discesa in seggiovia con la neve e con la visione del lago quasi al tramonto rimase impressa negli occhi di tutti noi per molto tempo, ancora oggi riesco a ricordare ogni singolo metro e ogni parola che ci dicevamo in quella "lunga" discesa che ci condusse finalmente alla nostra auto pronta per il ritorno a casa. Durante il viaggio di ritorno Carmine guidava e raccontava le sue imprese sciistiche, Eduardo imprecava, Donato se n'era tornato ad Acerno ed io e Sergio a conclusione di una splendida avventura, in barba "a quei due" che parlavano e "consumavano ossigeno", ci stendemmo lungo i seggiolini posteriori uno con i piedi verso lo sportello destro e l'altro verso il sinistro e cosi dormimmo fino al ritorno.

1 commento:

coccorone ha detto...

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