sabato 26 aprile 2008

La gara sul Lago... "colpa della giuria"

L'ora della mia prima gara ufficiale sul Lago Laceno era arrivata. Un pomeriggio d'estate, non ricordo il mese di preciso, caricammo la bici in un furgoncino di mio padre e ci avviammo su per la salita. Arrivammo abbastanza presto, il raduno era ancora pressocchè nullo e c'erano solo 2 o 3 ciclisti che si stavano riscaldando. Nel frattempo io ero teso ed agitato, ne venivo da una prestazione abbastanza buona al "trofeo Di Muro" a Pontecagnano, ma nello stesso tempo una gara completamente pianeggiata non l'avevo mai affrontata e cosi mi sentivo in difficoltà. La partenza era situata davanti alla "Sorgente della Tronola", una delle fontane del Lago, situata al fianco dell'unica pompa di benzina, di fronte ad una piccola area pic nic adiacente ad alcuni residence. Dopo aver riempito le borracce ed aver preso un caffè al bar, mi sedetti su una panchina per distendere un po i muscoli e osservavo intanto l'afflusso delle altre squadre arrivare. Io non facevo parte di un vero e prorpio gruppo, diciamo che ho sempre corso da individuale e cosi ogni corsa venivo accompagnato da mio padre e mio nonno che facevano da assistenza con l' "ammiraglia". Ad un tratto la strada diventò piena di biciclette ed io inzia a riscaldarmi attorno al circuito facendo qualche giro lento in agilità. L'alto numero di partecipanti non mi sconvolgeva ma capii subito che non saremmo partiti tutti insieme e cosi l'organizzazione decise di dividere il gruppone in 2 batterie. La prima composta dalle categorie dai 25 ai 35 anni e la seconda dai 36 ai 70 con l'inclusione della categoria allievi ossia la mia. All'inizio questa scelta mi piacque perchè consideravo il gruppo inziale più forte ma poi le cose cambiarono letteralmente.
La giuria ci chiamò alla linea di partenza, la prima batteria fuà quella del gruppo 25-35 anni e cosi dopo circa 3 minuti dal primo "via", partimmo anche noi. Il circuito si percorreva in senso orario, si doveva completare per ben 15 volte e al quindicesimo giro bisognava uscire dal circuito per completare la corsa su una salita posta esattamente all'ingresso dell'altopiano. Un circa 300-500 metri con una pendenza dell'8-9% dove era situato l'arrivo. La gara iniziò subito con un ritmo elevato nonostante il rettilineo di partenza fosse in leggerissima salita e con vento contrario. Non si scendeva mai sotto i quaranta orari nella battute iniziali e subito si andarono a formare le prime fughe. Un corridore del mio "gruppo" (non lo citerò neanche perchè non merita) e con una certa esperienza mi cosnigiò di rintuzzare i primi attacchi e di entrare nelle prime fughe, al chè iniziai cosi, tirando ad oltre 50 chilometri all'ora e spendendo diverse energie. Subito però capii che era solo un consiglio infingardo, dato che lui stava sfruttando il mio lavoro. Decisi di starmente nella pancia del gruppo per un bel po, non tiravo e non davo cambi, quando all'improvviso nella penultima curva del circuito (quella dove si incrociano le strade che riportano a Bagnoli Irpino) la mia ruota posteriore andò a colpire una pigna caduta da un albero, la bici sbandò di colpo verso la sinistra del gruppo, ma fortunatamente io non caddi e il gruppo mi evitò. Quell'incidente scatenò l'ira di alcuni "anziani" i quali senza ritegno iniziarono ad urlare e a inveire contro di me come a pensare che io sarei voluto cadere apposta. Le urla e le "minacce" mi intimidirono, cosi per mia sfortuna mi misi in coda al gruppo faticando leggermente di più a tenere il passo dato che nella pancia si stava molto meglio. Passarono cosi quattro o cinque giri, finchè non trovai un ragazzo di Bagnoli Irpino che staccandosi dalla prima batteria era entrato nel nostro gruppo e inziammo a parlare negli attimi concitati. Si chiamava Tonino e siccome era fuori gioco decise di aiutarmi e di farmi da gregario, mi consigliò di mettersi alla sua ruota e di seguirlo ovunque perchè mi averebbe condotto nei meandri del gruppo facendomi risalire e faticare poco. Intanto i giri passavano e alla pompa di benzina l'addetto con il cartello segnò 1 giro al termine. Gli attimi di quel giro furono tremendi, l'andatura si alzò alle stelle e Tonino mi sussurrò che dopo aver completato questo giro, nel finale mi avrebbe lanciato sul falsopiano adiacente al ristorante "Lo spiedo" e da li avrei dovuto continuare da solo , con la testa bassa e stringendo i denti fino alla salita. Cosi facemmo, Tonino fece una sorta di lunga volata, io a ruota e quando lui si spostò io filai dritto verso l'area pic nic del Lago e verso l'ultimo stappetto prima del rettlineo conclusivo che mi avrebbe portato alla salita finale. La fatica era immane, io correvo ad oltre 54Km/h da solo, il vento dava fastidio, il gruppo rinvenvia ma io ero sempre davanti, quel che bastava per affrontare il tratto finale con tranquillità. Lo sforzo diventò tremendo ma stavo per giungere li, all'imbocco dei 400 metri finali quando la giuria mi fermò e mi indicò che avrebbero voluto fare un altro giro. Ero letteralmente disperato, avevo faticato inutilmente, le gambe erano durissime, quasi con le lacrime dallo sforzo decisi di tentare il tutto per tutto e continuai a correre sul circuito senza farmi riprendere, ma il gruppo era deciso e mi raggiunse. Per "punirmi" non mi facevano entrare e continuavano a tenermi avanti di qualche metro per continuare a farmi faticare. Dal gruppo scatta il fratello del "collega" che mi faceva rintuzzare le fughe all'inizio ed io, ormai tagliato fuori per la fatica dalla vittoria finale, per orgoglio mentre lui mi urlava di non inseguirlo per farlo vincere, feci l'ultimo sacrifico e rintuzzai quella fuga. All'ultimo chilometro non ce la facevo più, provai a rientrare, mi riposai un po, cercavo di conservare qualcosa per la salitella finale, ma al primo passo sul 9% i crampi mi presero ed io cedetti tantissime posizioni nello sconforto totale e nel dispiacere assoluto.
Quando la "giuria" ti fa perdere una corsa, non è come averla persa sul campo, non sei stato sconfitto dal tuo avversario ma dalla cattiva organizzazione e cosi al sol pensare a quella ghiotta occasione mi viene rabbia e tristezza. Son passati anni e non sono andato più a riprovare quella gara, se non una prova a cronometro nel 2004.
Ora nel mio immaginario c'è un giorno nel quale tornerò li su e farò mia questa corsa (dovrò riprendere ad allenarmi però) sperando di poterla raccontare su questo blog.

venerdì 25 aprile 2008

Altopiano meta invernale, estiva, primaverile e autunnale

Dopo aver spiegato alcune argomentazioni fondamentali alla nostra trattazione, ai più sarà venuto un dubbio sul periodo in cui Laceno offre più spunti e più attrazioni. Bene, consideriamo allora stagione per stagione perchè credo che l'altopiano abbia scopo di visite in ogni singolo mese dell'anno (a volte anche in più settimane al mese) e sia dotato di particolari elementi non trascurabili ad una sola stagione. Iniziamo come ovvio dall'Inverno, periodo dell'anno per eccellenza del Lago Laceno. Conosciuto e rinomato come località sciistica, è considerato uno dei posti più interessanti di Italia per le sue particolarità negli impianti di risalita, nelle piste da sci e nella ubicazione stessa dell'impianto. Precisiamo che però non è possibile avere a disposizione queste attrezzature ad ogni annata perchè (considerando soprattutto gli ultimi anni) la sua disposizione a sud su montagne non troppo elevate non permette il suo utilizzo completo (e a volte anche parziale) da Dicembre a Febbraio. Purtroppo è capitato di dover annullare un'intera stagione invernale e non serve andare troppo indietro per ricordarsi il tremendo inverno 2006-2007 (gli impianti aprirono solo 3 volte) e, in parte minore seppure pessima, anche questa annata, dove gli impianti oltre ad aprire poche volte non sono stati quasi mai fruibili fino a valle ma solo fino all'intermedio. Gli impianti (a cui dedicheremo un capitolo a parte) nascono all'interno del Monte Raiamagra, immersi nelle faggete (caratteristica unica), diverse piste di diverse difficoltà su cui spuntano la più lunga, ossia la "Settevalli" (blu) e la "Nordica" pista nera ora chiusa. Sul crinale del Monte Raiamagra (o anche Rajamagra) a quota 1667, un piccolo anello di fondo di circa 2km che si apre alla visuale del mare (approfondiremo). Due rifugi-ristorante, uno a quota 1400 e l'altro a 1667, un rifugio canadese sul costone esposto, un campo scuola, un impianto di snow tubing.
Dall'inverno (che riprenderemo ovviamente nei dettagli nei prossimi capitoli) passiamo alla primavera periodo consigliatissimo per le prime escursioni nei boschi. Tra Marzo e Aprile (in periodi non freddi, altrimenti è da considerarsi anche Maggio) infatti, lo spettacolo delle gemme degli alberi, dell'erba verde nell'altopiano e dei tantissimi fiori, renderanno le vostre passeggiate ricche di gioia e di colori che verranno captati dai vostri occhi e trasferiti direttamente alle vostre emozioni. In questo periodo dell'anno consigliabili sono i vari sentieri di sorgente, ossia tutte quelle stradine di montagna che vi conducono dietro l'altopiano in canali secchi in estate. Uno spettacolo davvero indescrivibile, sopratutto se si pensa alla Fiumara di Tannera e ai centinai di ruscelletti e cascatelle che si formano con lo sciogliersi delle neve e con il refluire delle piogge.
Dalla primavera all'estate... e qui dal trekking passiamo al relax e al riposo assoluto. Posto ideale per sedersi sotto il verde di un faggio e di osservare la natura calda e selvaggia. Passeggiate a cavallo e sedute di tiro con l'arco sono all'ordine del giorno ma ciò che reputo più fattibile in questa stagione sono i distensivi giri in bicicletta intorno al circuito. Il sole vi accarezzerà, ma il venticello vi rinfrescherà allo stesso tempo, qualche pedalata leggera, spensierata e ogni tanto qualche sorso alla "Sorgente Tronola" sono l'ideale per mettersi in sesto con se stessi. Inoltre consigilate all'alba splendide corse a piedi di circa 5 - 10 km accompagnati (tra giugno e luglio, sempre all'alba) da simpatiche orde di ranocchie che si riversano dal lago sulla strada.
Ma l'attività per eccellenza a mio avviso è il riposo nei boschi adiacenti al piano l'Acernese e al piano dei Vaccari, dove vi sarà possibile trovare sotto le faggete ampi spazi verdi e freschi dove leggere o fare qualche chicchierata con gli amici, senza contare le postazioni attrezzate per cucinare (lasciando sempre tutto pulito!!) e quindi per passare l'intera giornata.
L'autunno (stagione finale di questo resoconto) invece, è la stagione della riflessione e della fotografia. In questo periodo il lago non è molto frequentato e infatti i mesi da Settembre a Dicembre sono quelli dove il silenzio la farà da vero padrone, insieme ai numerosi colpi d'occhio. Il giallo delle piante vi scalderà l'anima, i tappeti rossi del sottobosco vi massaggeranno le piante dei piedi durante le vostre escursioni oltre a prestarvi campo per le vostre fotografie. Il lago si presenta opaco e di un colore molto vicino al marrone tinto di grigio, alcuni alberi matureranno le loro bacche rosse novembrine, i corvi reali alla mattina "urleranno" il loro dominio sull'altopiano e le prime nebbie annesse alle prime brinate renderanno invisibile e spettrale tutto ciò che ai vostri occhi vi si era presentato.
Quindi dall'analisi ne emerge un Laceno 365 gradi, visitabile in ogni periodo dell'anno e a seconda delle aspettative in una determinata stagione. Per chi come me ha preso questo posto come obiettivo di "studio" di "passione" sicuramente non vi sarà mese che verrà dimenticato e vi assicuro che man mano la conoscenza del "lago" entrerà in voi inizierete a provare il desiderio di osservarlo anche più volte in una settimana.

giovedì 24 aprile 2008

"Silenzioso" vento freddo...


Un po di spazio all'immaginazione, un ricordo freddo del Marzo 2007, un post di attesa, un post dedicato all'inverno ormai passato e all'estate che si avvicina. Tra le gelide fronde sulla Cima del Monte Raiamagra, nei pressi del belvedere panoramico inghiottito dalla nebbia. Vento, freddo e tanto "silenzio" nel rammentare e nel vivere la montagna.

Una disputa "storica"... Terminio o Laceno?

A volte ci capita di trovarci in situazioni strane e al quanto complesse dovute a "rivalità" su argomenti astratti e all'apparenza (secondo me realtà) inutili. Allora dalla disputa politica (seria), si passa alle "rivalità" calcistiche, alle "rivalità" culturali, alle "rivalità" storiche e non potevate immaginare (almeno credo) alle "rivalità" naturalistiche. Ebbene si, anche gli appassionati di montagne e di turismo sull'appennino si vantano e si scontrano sulle località preferite, ma la vera e propria disputa tra gli amanti dell'Irpinia è "l'ossessione" Terminio o Lago Laceno? Ovvio che per "rivalità" non si intende una competizione reale e agguerrita (ci mancherebbe) però è simpatico confrontarsi con questi due mondi di pensiero ed è assurdo, ma nello stesso tempo costruttivo, pensare che vi siano scambi di opinioni nel prediligere questo o quel posto. Terminio e Laceno sono per eccellenza le due località che si scontrano in questa "gara"; una gara senza vincitori ma che crea quel mecanismo di "ricerca" in grado di sviluppare tesi e argomentazioni che all'apparenza non si sarebbero mai prese in considerazione. Ma passiamo alla disputa che si basa su punti fondamentali come: paesaggistica, impatto ambientale, fauna e flora, punti di ristoro, turismo invernale e particolarità. Senza entrare nel merito del Terminio, che per me è una montagna eccezionale e piena di fascino, caratterizziamo il "Laceno" sotto questi punti di vista. Ci tengo a precisare che amo indistintamente tutti i monti campani e che per me la disputa e solo spunto di approfondimento, ma il Laceno è quel "loco" che in ogni caso mi avrebbe rapito per la "mia storia".
Operando allora questa distinzione direi di interessarci della paesaggistica come primo aspetto di distinzione del posto. Come abbiamo ripetuto più volte è un altopiano posto a 1100 m, circondato da monti alti dai 1650 ai 1809 ricoperti da fitte faggete. La faggeta è l'elemento caratterizzante di tutto il comprensorio Irpino e Picentino ma è prorpio qui che inziamo a notare le prime differenze con il resto dei monti. Una innata "irregolarità precisa", una trasformazione della vegetazione in "perfezione sparsa" fanno in modo che le faggete del "laceno" rappresentino una meravigliosa "imporvvisazione della natura" dove ogni albero se pur collocato in maniera ineccepibile (come la natura sa fare) non rende l'idea di un tutt'uno col bosco. Quante volte vi sarete addentrati in una faggeta e avrete pensato che "è tutto uguale". Ebbene, qui il concetto del "è tutto uguale" svanisce, forse per un'immersione psicologica dei sentimenti (chi sa), eppure ti accorgi di vivere in un mondo che non conosce regole e che tra i suoi gemelli si differenzia (approfondiremo in altri capitoli).
Passando dall'aspetto vegetale, l'attenzione cade invece anche su aspetti umani veri e proprio e quindi sull'impatto ambientale del villaggio turistico e del circuito. Per quanto l'uomo possa sempre danneggiare e trasformare l'ambiente sull'altopiano regna ancora una certa "legge", la legge della sobrietà e del rispetto nelle costruzioni. Tralasciando il vecchio Motel abbanonato (vi saranno degli studi dato che da Santuario diventò Rifugio e poi Albergo) che tutt'ora in qualche modo rappresenta una caratteristica, la presenza esterna si confonde con quella vera e cosi un'area pic nic ben integrata con bracieri e fontane in pietra si abbina a villette montane (stile trentino alto adige), ad un villaggio sistemato e preciso, fin addirittura ad un presidio dei Carabinieri in pieno stile appenninico. Non manca purtroppo la scostumatezza e la barbarie dell'uomo che in determinati periodi dell'anno "attenta" alla vita del luogo (ne parleremo). Sul turismo Invernale e sulla ristorazione avremo modo di soffermarci in seguito (con un bell excursus sulle tipicità bagnolesi) , mentre su alcune particolarità metteremo il punto ora (salvo riprenderle per approfondire). La neve, il lago, i colori, l'acqua...apparentemente 4 elementi omologati,eppur qui diventano 4 essenze tutte da scoprire. Dal cristallo di neve che qui grazie all'esposizione ai venti prende una forma a scaglia particolare, al lago che cambia forma, ai colori dell'acqua e del comprensorio che mutano anche più volte in una sola giornata. Inutile perdersi in poesie, ma questi elementi sono tutti documentati e alcuni studi che sto portando a termine sui colori del lago renderanno l'idea della grandezza della natura.
Quindi, da ciò che abbiamo raccontato ne emerge una disputa seria e costruttiva, una disputa che serve anche da incentivo a studiare e a valorizzare i nostri sentieri e le nostre roccaforti del turismo. Terminio e Laceno si contendono il trono delle particolarità e delle bellezze, una sfida tra veri appassionati difficile da aggiudicarsi (tranne per sentimento ovviamente) che continuerà all'infinito accrescendo ogni volta e incrementando il suo "bagaglio tecnico e culturale".

mercoledì 23 aprile 2008

Lago o altopiano? Un po di storia...

occorrono delle precisazioni storiche e delle precisazioni naturalistiche altrimenti si rischia di confondere chi non conosce il posto e di mettere in confusione che invece sul lago ci è andato spesso. Prima di tutto va ricordato che Laceno è un piccolissima frazione-villaggio turistico di Bagnoli Irpino e che indipendentemente dal lago, nominare Laceno è nominare una zona ben definita. Questa zona è compresa tra il Monte Raiamagra (dove sono le piste da sci), il Monte Cervialto (il più alto dei picentini) , il Cervarolo,il Calvello e tra i pianori de L'Acernese, dei vaccari e il colle del Leone. Quindi una zona abbastanza ampia che nella zona dei piani sconfina nel comune di Calabritto. Per essere ancora più precisi diremmo che la zona lacenina intesa da me è l'intero comprensorio appena descritto, quindi Parlare di Laceno oggi è alquanto ambiguo,non fermo al solo lago e al solo villaggio. Passando quindi ad una digressione sull'ubicazione andiamo a sviscerare un altro argomento fondamentale, ossia la differenza tra la denominazione di Altopiano Laceno e Lago Laceno. Nelle descrizioni precedenti ho usato questi due termini già diverse volte, ma essi non vanno ne confusi, ne ignorati in quanto fungono da chiave di lettura per l'intero blog. L'altopiano Laceno è l'intera conca racchiusa tra i monti suddetti, con una circonferenza di circa 6 km delimitata da una strada asfaltata a due corsie che chiameremo "circuito". Il lago invece è rilegato nella parte W-SW dell'altopiano ed oggi rappresenta una minima parte dell'intero ecosistema del posto, ma nello stesso tempo questa piccola parte è ricca di storia, particolari e approfondimenti che nel corso di questo "viaggio" avremo modo di osservare. Fondamentale però, è ricordare che il lago laceno non è sempre stata la "minima parte" dell'ecosistema dell'altopiano ma eventi naturali e storici l'hanno ridotto rendendolo almeno una ventina di volte meno capiente. Il terremoto dell'80 sconvolse l'intero sistema lacenino per un semplice motivo: le grotte e le cavità carsiche. Prima del famoso terremoto infatti l'intero altopiano ero ricoperto d'acqua (foto sopra) , il lago era percorribile con barche e la pesca era rigogliosa, ma alle forti scosse sismiche si aprirono delle falle nel terreno sottostante l'altopiano e il fondo carsico e pieno di grotte inesplorate, favorì la dispersione dell'acqua nel sottosuolo. Probabilmente nell'unico angolo di altopiano dove è ancora presente l'acqua, il terreno sottostante ha cavità sature o non ne presenta. Ancora oggi si ci interroga se creare una copertura di impermeabilizzazione per far ritronare il lago al suo vecchio splendore, ma credo che dove ha messo mano la natura non bisogna interferire. Se il Lago fosse scomparso per colpa dell'uomo sicuramentee avremmo dovuto trovare un rimedio e rimettere la natura nel suo corso naturale, ma un terremoto e le grotte fanno parte di questa vita, di questa terra e quindi è inuitle e inopportuno interferire.
C'è da dire però, che l'altopiano in alcune annate invernali riesce ancora a rimpirsi completamente, ma ai primi caldi l'acqua non regge e cosi ritorna alle sue attuali dimensioni. In questi ultimi anni un po le nevicate dal 2005 al 2006 con le attuali del 2008, un po l'incredibile apporto pluviometrico di quella zona irpina, sembra abbiano favorito però un leggero aumento del volume del lago e speriamo che in un tempo non troppo lontano madre natura ci voglia di nuovo regalare quelle emozioni e quelle immagini di un tempo.

Indicazioni... come arrivare al Piano (la mia strada preferita)


Sembrerebbe banale ma un post dedicato alle strade per raggiungere il Piano Laceno era d'obbligo. Naturalmente come è ovvio che sia a seconda della partenza esistono vie meno o più convenienti ma per oggi voglio focalizzare l'attenzione sul percorso che reputo il più rilassante paesaggisticamente e il più stancante per la guida. Il percorso che preferisco, il percorso che farei centinaia di volte (a dire il vero l'ho fatto gia migliaia di volte) è quello della "mitica" statale 164. Abitando a Bellizzi, molti mi consigliano di proseguire per l'Ofantina ed uscire a Caposele, ma ormai per me la 164 è quasi un rituale d'obbligo e in questi anni ho imparato "vita, morte e miracoli" di questi 50 km che mi separano dall'altopiano. Per non perderci in chiacchiere direi di inziare subito con una breve descrizione del percorso con annessa altimetria del percorso partendo da Bellizzi (SA) : Km 50 - dislivello totale in salita 1670 m (dopo spiegherò il perchè) - quota di partenza 60 m - quota arrivo 1100 m - quota massima di passaggio 1200 m - Comuni attraversati Bellizzi,Montecorvino Rovella,Acerno,Bagnoli Irpino. Procediamo ora al palmo a palmo della strada e cosi sveleremo anche l'arcano sul perchè dei 1670 m di dislivello nonostante il tutto porterebbe a pensare all'incirca 1100 metri.
Immettendosi sulla SS 18 a Bellizzi proseguiamo per circa 1 km in direzione Battipaglia fino a giungere a Piazza Europa dove troveremo un quadrivio. Al quadrivio proseguire a sinistra in direzione Montecorvino Rovella sulla statale 164 per circa 11 km. In questi 11 km uscendo dal centro abitato di Bellizzi, superando la zona industriale si giunge nella prima frazione di Montecorvino, Macchia (piccolo centro abitato), superata Macchia e superato il bivio per Olevano sul Tusciano si giunge in loc. San Martino. In questa località sono due le opzioni, o proseguire verso Montecorvino Rovella oppure prendere la deviazione a destra a 2 km prima del centro abitato in direzione "Ristorante La Lanterna" in località Lappe. Sconsiglio chi viaggia per la prima volta questa strada secondaria, in primis perchè molto dissestata, in secundis perchè difficile orientarsi in mulattiere senza cartelli e senza indicazioni, una vera e prorpia scorciatoia per "esperti del posto". Quindi, proseguiamo da San Martino, superando due tornanti e arrivando in frazione Ponte Mileo dove vi si aprirà un bivio la cui scelta è ininfluente dato che il passaggio per il paese è obbligato, ma in ogni caso dilunghiamoci sulle due strade. La prima deviazione possibile è sulla salita di Santa Maria (deviazione a Sinistra), un drittone di circa 700 m che giunge dinanzi al Campo Sportivo e dal Campo Sportivo proseguendo dritto porta alla colonnina al centro del paese. L'altra strada (deviazione a "destra", ma è quasi un proseguire dritto) allunga di 1 km circa ma è provvista di uno spunto per un nuovo percorso, infatti giunti a Parco Rimembranza una stradina stretta sulla destra (la noterete al fianco di un muretto sulla destra dell'arco di Parco Rimbembranza) scende in località Sant'Eustacchio per poi sbucare sulla 164 evitando il Paese, ma anch'essa per chi non conosce il posto è sconsigliata. Evitando la deviazione, tra l'altro impercettibile per chi non conosce la zona, si giunge sul viale dei Cappuccini fino alla colonnina sita al centro del paese. Ripartiamo ora proprio da questa colonnina, proseguendo dritto fino alla piazza dei Caduti dove seguiremo la deviazione a destra in direzione Acerno evitando la deviazione per Giffoni Valle Piana. Giunti a questo bivio abbiamo percorso i primi 240 m di dislivello e siamo pronti ad affrontare i prossimi 480 m che da Montecorvino ci porteranno in località Lappe al primo scollinamento per arrivare ad Acerno, infatti presa la deviazione a destra si prosegue per circa 8 - 9 Km attraversando la piccola frazione di San Lazzaro, nella parte più bella della 164 passando per i boschi di nocciole e castagni, osservando il Santuario della Madonna dell'Eterno, restando esterefatti dalla bellezza del Monte Raione visibilissimo al bivio di Olevano (naturalmente noi proseguiamo sempre in direzione Acerno), osservando il Mare e la piana prima di addentrarci definitivamente nella montagna. Quando scompare l'apertura alla piana, gli alberi di castagno la fanno da padrone, si inzia a scoregere il Monte Accellica e poco prima di giungere presso una fattoria possiamo fermarci ad una fontana ed una sorgente. La fontana è ben visibile sulla destra, la sorgente invece si raggiunge a piedi in una curva prima di un drittone che porta alla suddetta fattoria, posando la macchina al lato, salendo per quattro cinque gradini e assaporando l'acqua gelida e salbure del posto. Dalla fattoria (sicuramente vi imbatterete in mucche, maialini, cavalli) la strada giunge ad uno scollinamento dal quale è possibile osservare il Monte Polveracchio e in autunno (quando gli alberi sono spogli) il paese di Acerno dall'altro lato della collina. Dallo scollinamento inizia una discesa di circa 5km che si concluderà in località "N'dramaciume" (cosi chiamata dagli abitanti del posto), li dove finisce la discesa per riprendere la strada in salita sopra un ponticello attraversato sotto dal fiume Tusciano (è possibile posando l'auto soffermarsi a riempire l'acqua alle fontante del Pozzo del Capretto-il passaggio è visibile prima dell'inizio del ponte sulla sinistra). La salita ora punta dritta al paese di Acerno, troverete dinanzi un cartello con su scritto "Acerno paese delle cento acque", sarete affascinati dalla vicinanza con l'Accellica, se siete fortunati e sarà aperta potrete notare la cascata artificiale del depuratore (artificiale ma comunque spettacolare) e poi vi troverete nei pressi di un tornante dove vi è posta anche una stradina alternativa. Analizziamo un attimo la scorciatoia per complettezza. Questa strada si può notare sulla sinistra prima del tornante, un'insegna dell'Agriturismo San Leo e della Masseria Cugno vi indicherà il sentiero giusto, una stradina di vallata, attraverso la frazione San Leo tra il Monte Magnone e il Monte Accellica che vi condurrà dopo alcune salitelle finali esattamente al valico delle Croci di Acerno evitando il tratto di curve che dal paese porta al valico (strada sconsigliata per le difficoltà ambientalistiche che a volte vi si trovano :dai rami rotti, al ghiaccio, alla neve ecc ecc). Naturalmente allora, invece di scendere per San Leo (cosa che in realtà io faccio sempre) giriamo il tornante e dopo pochi metri sulla sinsitra noterete una nicchia con una statuetta della Vergine Maria...altri due chilometri e siamo nel Paese di Acerno , arriveremo in Piazza e dalla piazza girando a sinsitra giungeremo (passando per il centro caratteristico) ad pentavio dove senza peredere tempo (ma se volete adnate a visistare il viale dinanzi a voi) proseguiamo in direzione Bagnoli Irpino-Lago Laceno a 20Km. Si passa per Via Montella per circa 1 km finchè non si entra sulla strada alle pendici del Monte Magnone contornata da Castagneti spettacolari. Ancora 5 km di curve e siamo al valico delle croci di Acerno (840 mslm), si scende per qualche centinaio di metri e giunti ad un bivio proseguiamo a destra verso Bagnoli Irpino. La strada lunga circa 8 km da quota 840 porta ai 620 del paese, è molto dissestata si deve procedere con cautela, non offre spunti paesaggistici eccezionali ma vi è già possibile dare uno sguardo al Terminio e alla valle del Calore. Giunti finalmente a Bagnoli, ultima deviazione verso Lago Laceno fin su quei 5 km finali raccontatevi nel post precedente nella mia scalata ciclistica.

Note
La strada da Montecorvino in poi può essere rischiosa se non si fa attenzione ai numerosi animali domestici che transitano liberamente. Non difficile è incontrarvi mucche, tori, cavalli, maiali (tra gli animali che potrebbero crearvi problemi relativi) e volpi, ricci, conigli e lepri (tra gli animali caratteristici). Attenzione inoltre alla possibilità di acqua sulle strda (dovuta alle sorgenti o alle nevi che si sciolgono) e alla pendenza della salita finale.

martedì 22 aprile 2008

Tutto iniziò con una "apparizione"...

Naturalmente mai titolo fu più ironico ma nello stesso tempo reale di questo... "un'apparizione". Una mattina calda d'estate, esattamente nel 2003 tra Luglio e Agosto come di consuetudine scendevo di casa con la mia "Fausto Coppi" (bici da corsa) per raggiungere Giuseppe De Santis e cosi intraprendere i nostri allenamenti ciclistici. Era un anno felice, avevo inziato da appena 10 mesi a pedalare, ma il 29 Giugno ad Orria la tenacia mi premiò e mi regalai, con tanto sacrificio, la maglia di campione italiano della montagna della categoria allievi. L'umore era elevato, la mattina calda come piaceva a me mi faceva sentire bene e cosi decidemmo insieme al mio collega di numerose avventure di cambiare i soliti itinerari cilentani e recarci nell'alta irpinia. Da Bellizzi, deviammo per la statale 164 che conduce dapprima a Montecorvino Rovella e poi ad Acerno, una strada a me molto cara per il suo verde, per il suo panorama e per la sua "storia". Una chiacchiera, un allungo, uno sguardo ai monti ed il pensiero sempre più vicino alla salita del Laceno descrittami come un vero e proprio ostacolo data la mia giovane età ciclistica. Niente mi faceva paura, fino ad allora avevo affrontato molte salite, andavo discretamente e i miei 64 Kg distribuiti allora in 180 cm mi permettevano di fare cose egrege. Arrivati ad Acerno, ci fermammo per riempire le borracce alla famosa fontana del chiosco, il sole sulla pelle era rigenerante, l'acqua di acerno come sempre un toccasana...la mente gioiva col fisico. Da Acerno in direzione delle Croci iniziammo la discesa vero Bagnoli Irpino, una strada molto dissestata che percorremmo anche a velocità elevate non con pochi rischi. Il paesino ci sorrideva da alcuni tornanti, entrati nel centro però qualcosa stava cambiando, la strada si inerpicò per poi spianare , riscendere verso un tornante ed impennarsi definitivamente verso il lago. Le mie marce al primo metro risultarono subito inefficienti e cosi scalai di qualche dente la catena, subito mi lasciai alle spalle la compagnia e dai primi 50 metri costeggiando il campo di calcio del Caliendo mi resi conto che quel giorno nascondeva in se un'esperienza che non si sarebbe cancellata nel giro di un ricordo. La strada era dura, la mia muscolatura allenata da 10 mesi era forte ma pure sempre agile e non eccessivamente potenziata, andavo su spedito lo stesso ma naturalmente il mio contachilometri in questa prima avventura lacenese non superò mai i 13 km/h. Soffrivo ma nello stesso tempo il mio cuore che pulsava forte si riempiva di soddisfazione, dietro non c'era più nessuno e davanti a me si aprivano dietro i tornanti (per l'esattezza 5) i costoni scoscesi dei monti irpini e la vallata sottostante che terminava verso il Termino di Montella. Primo tornante, secondo, terzo... ed ecco che li ebbi un abbagglio, la fatica diventò immane, la strada saliva a più non posso e curvava nel quarto tornante dove con la faccia verso il basso dallo sforzo i miei occhi videro un'ombra strana di una statua. Non mi soffermai subito ma continuai a picchiare duro sui pedali finchè voltandomi a destra scorsi la statua della Vergine Maria che in quell'istante mi supportò fino allo spianare di quella curva infinita. Un'apparizione che ancora oggi ricordo e che da allora fece si che quel punto da noi appassionati si chiami il "Tornante della Madonna". Aventi al piccolo belvedere panoramico dove era situata la stauta un cartello commemorava lo scatto di Marco Pantani che nel 1998 tentò di vincere questa tappa conquistata però da Zulle sul circuito del Lago. Un altro tornante ancora ma poi la strada spiana verso una vallata e io posai la mia bici sul lato sinistro della strada, sedendomi sul bordo di una vasca di una splendida fontana marmorea. Una fontana che rappresentava un po il ritornello della giornata, giacchè dai primi Km di Bellizzi il Maresciallo (Giuseppe) mi diceva che avremmo assaggiato un'acqua ancora più buona e più fresca di quella di Controne.*
Aspettai una decina di minuti finchè non arrivarono su gli altri... nel frattempo assaporava quell'acqua spacca denti e mi guardavo intorno. Arrivato il resto della compagnia con Giuseppe e Giovanni, prendemmo le bici affrontammo un piccolo tratto di salita ancora e poi via verso l'altopiano. L'aria era frizzantina, gli alberi ci accompagnarono nella discesa verso il piano rinfrescandoci e al primo passo nel circuito del Lago mandire di mucche "ostacolavano" il nostro cammino. Era davvero un posto bizzarro, strano, magico e diverso dagli altri...pedalare in una pianura a 1100 metri era un qualcosa di indescrivibile, sembrava di essere i padroni della montagna, sembrava di vivere li dove ogni amante della natura e dello sporto sogna di vivere. La gioia di questa esperienza ci portò a non considerare il tempo e girammo addirittura ben 7 volte intorno a quel circuito di 5,5 km prima di tornare giu verso Bellizzi, ma nel frattempo ci fermammo di nuovo a riempire le borracce all'ombra di un albero sul viale parallelo alla strada per Lioni. Un vitellino ci guardava incurisoito, la luce degli alberi filtrava dalle foglie e il sole cosi non creava problemi. L'altopiano secco di calura trasmetteva un brivido strano... era solo l'inizio di quel percorso e di quel "sentiero ideale" che mi avrebbe accompagnato nel corso degli anni in quei posti.


* La tradizione ciclistica del nostro gruppo era molto legata alle fontane, infatto puntualmente ogni giro era caratterizzato da una fonte d'acqua. Fino allora, prima del giro del Laceno il primato era della fontana situata sotto Controne ai piedi degli Alburni.